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Una sfida tutta da combattere

Il 5 giugno 2020 la legge 135/90 ha compiuto 30 anni. Una legge fondamentale per cambiare la prospettiva italiana nei confronti della lotta alla diffusione dell’HIV/AIDS. Un piano volto a garantire assistenza e cure alle persone colpite prevedendo risorse e interventi adeguati alla grande sfida di salute pubblica. Un passo grandioso per la salute italiana che nel 1990 dovette affrontare un’emergenza diversa da quella attuale ma non meno importante. Solo nel 2018 sono stati diagnosticati 661 nuovi casi pari a un’incidenza di 1,1 nuovi casi per 100mila residenti in lieve costante diminuzione. Una storia ancora tutta da raccontare, una sfida tutta da combattere.

È un giorno del 2016 quando a Jonathan viene la febbre. Ha 31 anni, insegna yoga e una vita normalissima. Da un giorno all’altro però il suo corpo decide di ospitare una febbriciattola che non va più via debilitandolo giorno dopo giorno. Stanchezza, brividi, vene congelate. Jonathan aspetta mesi prima di rivolgersi ai medici. Terrorizzato dall’idea della morte, della malattia incurabile entrando in un vortice di paranoia e dolore invisibile. Poi un giorno, arrivano i risultati del test dell’HIV e la verità gli si para davanti limpida e angosciante: Jonathan Bazzi, 31 anni, vegetariano, amante dei gatti è sieropositivo. Non sta morendo, non ha un cancro, non è alla fine dei suoi giorni ma ha “solo” l’HIV.

“Febbre” (Fandango, 2019) è un libro che scoperchia la vita di un ragazzo cresciuto alla periferia di Milano riuscendo a diventare un essere umano dalla sensibilità sbalorditiva. Rozzano, il Bronx del Sud di Milano, il paese dei tossici, degli operai e delle famiglie meridionali è il terreno fertile in cui le sue gambe e il cuore hanno messo un piede davanti all’altro fino a farlo arrivare a una sentenza che non condanna. Ferisce, ma non uccide perché l’infanzia, una famiglia spezzata e l’amore quasi disperato per il sapere gli hanno insegnato a tenersi in vita. Costi quel che costi.

Un romanzo dal ritmo serrato, quasi cinico. A tratti, in superficie, le parole di Bazzi possono sembrare crudeli; la descrizione della provincia senza sconti, un padre assente o ingombrante a seconda degli anni, una madre che c’è ma che non si schiera, i nonni lontani in una guerra tutta loro e i ragazzini della strada, i compagni di classe crudeli. È un mondo pieno di immagini quello che l’autore ha vissuto in prima persona e riesce a rendere presente e vivido nelle pagine in cui alterna il suo percorso verso la consapevolezza della malattia con pennellate energiche della sua crescita.

Un ragazzino fragile che diventa uomo aggrappandosi alla vita, alle possibilità da andare a cercarsi dalla provincia verso la città. Quella stessa vita che nel bel mezzo dei migliori anni lo abbandona, lo lascia solo con i dubbi, la vergogna e il desiderio di una normalità nuovissima e necessaria. I corridoi degli ospedali, l’amore giovane e immacolato, gli obiettivi di una vita da cambiare e una quotidianità da rivedere. Questi e altri i frammenti che Bazzi riesce a raccontare senza mai scadere nel vittimismo, senza mai smettere di chiamare le cose (e la malattia) col loro nome. Aiutando anche il lettore ad entrare in contatto con uno dei tabù più grandi e duri a morire ereditati dagli anni passati. Una testimonianza che si fa storia, narrazione e rappresentazione di una realtà viva. Di un’attualità in cui la paura ha lasciato spazio alla prevenzione e la normalità arriva dall’ultimo posto che ci si immaginava.

Febbre, Jonathan Bazzi, Fandango, 328 p., 18 euro