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La Pentecoste che unisce oltre ogni barriera

Il mese scorso, l’isola di Pentecoste, una delle 83 che compongono l’arcipelago di Vanuatu nell’Oceano Pacifico, è stata travolta dal ciclone Harold, un uragano di categoria 5 con venti oltre 250 km orari e onde alte 6 metri e oltre. Devastante e letale, il ciclone ha divelto tetti, distrutto strutture, allagato le comunità e causato alcune decine di vittime.

Quando la forte tempesta ha colpito la sua casa sull’isola, Moana, proprietaria di un resort sulla spiaggia, si è svegliata nella paura per la sua vita e per le sue proprietà. Per due ore, è rimasta in piedi di fronte ai venti e alle onde, implorando Dio di salvare se stessa e le sue strutture. Fortunatamente, quando la tempesta è passata, Moana era ancora in piedi e i suoi edifici erano ancora intatti.

Negli Atti degli Apostoli, l’avvento dello Spirito è rappresentato in modo altrettanto drammatico e consequenziale. I primi seguaci di Gesù, nascosti per la paura, furono scossi, e quindi incoraggiati, dalla potente presenza di Dio, che permetteva loro di superare anche le barriere del linguaggio e della differente cultura per predicare il messaggio salvifico della risurrezione di Gesù. La chiesa è nata nel tumulto, ma è emersa dal caos con un messaggio potente, capace di cambiare le vite, relativo a tutte le culture e contesti.

Come alla prima Pentecoste, così deve essere di nuovo oggi.

Ora, mentre scriviamo, una forza naturale silenziosa, invisibile, ma ancora più letale è giunta fra noi. Il Coronavirus ha sconvolto il mondo intero, instillando terrore e caos, causando milioni di malati e centinaia di migliaia di morti. La pandemia ha provocato il caos nelle economie, sconvolto le famiglie e la vita delle comunità, eluso i sistemi più sofisticati di assistenza sanitaria globale e locale, testato il coraggio e l’efficacia della governance e causato crisi alimentari in varie aree del pianeta.

Eppure questa Pentecoste, attraverso i secoli e in tutto il mondo, noi cristiani siamo collegati gli uni agli altri e ai primi discepoli per proclamare, come loro hanno coraggiosamente fatto, che l’Iddio della vita è ancora con noi. Lo Spirito di Dio solleva i nostri cuori nella preghiera e nel desiderio. Lo Spirito infonde in noi il coraggio di affrontare il dolore e la sofferenza. Lo Spirito infiamma i nostri cuori con amore per servire coloro che soffrono e sono esclusi dai sistemi di cura della società. Lo Spirito illumina le nostre menti per impegnarci e sostenere un’intensa ricerca scientifica per trattamenti e vaccini. Lo Spirito ci consente di affrontare e superare questo virus con una generosa cooperazione, con le nostre migliori cure mediche e pastorali e, soprattutto, con amorevole gentilezza verso tutti i figli di Dio.

Anche lo Spirito di Dio è un pan-demos. Tocca tutte le persone e attraversa tutte le barriere, ma in un modo che instilla la vita, non la morte. Questa Pentecoste, preghiamo, lottiamo con questa pandemia per scatenare le energie dello Spirito in tutto il popolo di Dio e rinnovare, non solo la chiesa, ma la faccia della terra.

I presidenti del Cec, il Consiglio ecumenico delle chiese:

• Rev. Dr Mary-Anne Plaatjies van Huffel, Uniting Reformed Church in Southern Africa, (deceduta pochi giorni fa, dopo la stesura di questo testo)
• Rev. Prof. Dr Sang Chang, Presbyterian Church in the Republic of Korea
• Archbishop em Anders Wejryd, Church of Sweden
• Rev. Gloria Nohemy Ulloa Alvarado, Presbyterian Church in Colombia
• Bishop Mark MacDonald, Anglican Church of Canada
• Rev. Dr Mele’ana Puloka, Free Wesleyan Church of Tonga
• H.B. John X, Patriarch of the Greek Orthodox Church of Antioch and All the East
• H.H. Karekin II, the Supreme Patriarch and Catholicos of All Armenians