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Voci di volontari: Jerume e Firenze

Si è appena concluso il progetto “ConNet – Connections: tool and competences for international and local networking and cooperation” che ha visto la Diaconia Valdese ospitare volontari da paesi del Sud America e dall’India in diverse strutture in Italia. Il progetto è iniziato a Novembre 2018 e si è concluso tra Settembre e Novembre 2019. Riportiamo le esperienze di Jerume Terrero Collins, volontario Nicaraguense all’Istituto Gould a Firenze e di Juan Daniel Tago, volontario Argentino al Il Passo Social Point, Torino. Maggiori contributi possono essere letti sul blog del progetto: https://projectnextgeneration.wordpress.com/. Oggi iniziamo con le parole e le emozioni di Jerume.

 

Sono Jerume Terrero di identità culturale creola e dei Caraibi del Nicaragua e vorrei condividere la mia esperienza di vita come volontario. E’ incredibile pensare che siano passati 9 mesi da quando sono arrivato per la prima volta in Italia. La mia prima volta fuori dal mio paese, e vedo ancora quel giovane con la stessa emozione, energia, pieno di aspettative e amante della vita. A 23 anni, ho dato quasi tutta la mia vita al lavoro sociale a fianco degli emarginati e discriminati nella mia città natale. Faccio parte della comunità LGBTIQ e da sempre ho dovuto vivere situazioni che mi hanno aiutato a crescere e ad essere la persona che sono oggi. 

Vivo in una città incredibile. Due anni fa sarebbe stato impossibile pensare che avrei vissuto a Firenze la culla dell’arte, della cultura e della storia in Europa e nel mondo. Dove ogni giorno trovo storie di vita che mi sorprendono, come nel servizio di volontariato che faccio con ragazze immigrate dalla Nigeria e che hanno vissuto una terribile realtà come la tratta di esseri umani. Con loro ho imparato molto, soprattutto ad apprezzare quelle piccole cose che ci circondano. Dall’inizio ho avuto un forte legame con le ragazze nel centro di servizio perché la mia identità culturale discende dai popoli africani e in loro ho visto delle persone simili che mi hanno ricordato molte persone nella mia città. Il modo con il quale sono riuscito ad unirmi di più a loro è stata la danza perché adorano ballare e anch’io. L’idea è stata quindi di praticare questa dimensione di interculturalità imparando i balli culturali nigeriani e nicaraguensi, ma anche preparando i nostri piatti tipici e parlando delle nostre esperienze. Dare un nuovo significato a tutto.

Ho fatto attività di volontariato anche con bambini e adolescenti, per lo più sono italiani ma anche dal Perù e dall’Honduras. Con loro dopo la scuola ci incontravamo al centro Gould, facevamo sport, pranzavamo e ci rilassavamo, e con gli educatori mi sono goduto dei buoni caffè alla maniera italiana. A un certo punto iniziavamo a svolgere i compiti di scuola. E poi indovinate un po! Sono stato l’insegnante di spagnolo e anche di inglese. Dipingevamo, giocavamo a calcio balilla, guardavamo un film o mettevamo insieme puzzle difficili. Alla fine della giornata prima di partire preparavamo lo spuntino insieme e parlavamo delle attività per i giorni seguenti. 

Lavorare su due servizi non è stato semplice ma con un po’ di sforzo sono riuscito a farlo ed ora sono felice di poter condividere questa esperienza con altri giovani nella mia città o nel mio paese. E contribuire a creare un mondo in cui tutti possiamo adattarci senza distinzioni.