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Tensioni attorno ai luoghi sacri di Gerusalemme

In una dichiarazione congiunta, i leader delle 13 Chiese cristiane della città santa hanno espresso la preoccupazione per le manovre del gruppo estremista ebraico Ateret Cohanim che minacciano la presenza cristiana in Israele.

Le Chiese cristiane di Terra Santa hanno ancora una volta messo in guardia contro quella che definiscono un’occupazione dei quartieri cristiani della città vecchia di Gerusalemme. Denunciano le manovre del gruppo estremista ebraico Ateret Cohanim, che sta cercando di far proprie le proprietà ortodosse della Porta di Giaffa.

Tutto è iniziato nel 2004, quando il Patriarcato greco-ortodosso, allora sotto la guida di Irineos, ha concluso la vendita di tre delle sue proprietà che si trovano nella Città Vecchia di Gerusalemme, di cui due alla Porta di Giaffa, nel quartiere cristiano, e uno nel quartiere musulmano. Questi beni furono venduti proprio all’associazione ebraica in questione, la Ateret Cohanim.

Questa organizzazione, fondata nel 1978, si muove nella più grande discrezione, attraverso compagnie di facciata, nell’acquisto di proprietà palestinesi da riservare agli israeliani ebrei, e partecipa di fatto a un’estromissione delle fedi differenti da quella ebraica da Gerusalemme est. In una dichiarazione rilasciata in arabo 12 giugno 2019 sul sito del Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme, Ateret Cohanim è designato come parte «dei gruppi estremisti di colonizzazione».

Quando l’affare è stato rivelato da un giornale israeliano nel 2005, ha provocato la rabbia dei fedeli palestinesi ortodossi, con conseguente rimozione del patriarca contestato. Il suo successore, Teofilo III, ha deciso di fare appello ai tribunali, sostenendo che l’operazione è stata viziata, conclusa senza il consenso delle autorità ortodosse e quindi illegale e non valida.

Non solo perché queste vendite erano state fatte senza l’autorizzazione del Consiglio sinodale (collegio superiore che si occupa di questioni ecclesiastiche e dettagli relativi all’amministrazione della Chiesa greco-ortodossa di Gerusalemme), ma anche perché vi sarebbero sospetti di corruzione.

Nel febbraio 2018, in segno di protesta, le chiese hanno chiuso la Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Nel 2017, il tribunale distrettuale di Gerusalemme aveva approvato la vendita a causa della mancanza di prove a sostegno della sua natura fraudolenta. La decisione della Corte Suprema israeliana, resa il 10 giugno 2019, chiude una battaglia legale di 15 anni. I tre edifici in questione – tra cui l’iconico Imperial Hotel e il Petra Hotel situato all’ingresso occidentale della città vecchia – rimangono nelle mani di Ateret Cohanim.

Per le chiese di Gerusalemme, «tentare di minare l’esistenza di una chiesa qui minerebbe tutte le chiese e la più ampia comunità cristiana nel mondo». Le chiese sono particolarmente preoccupate per il cambiamento concreto che un tale trasferimento di proprietà può causare nella città santa. I due hotel in questione, che si trovano nel quartiere di Porta di Jaffa, sono strategicamente posizionati perché questa porta è considerata l’entrata più diretta (con la Porta Nuova) per accedere al quartiere cristiano della città. città vecchia.

Le azioni di Ateret Cohanim colpirebbero non solo i diritti di proprietà della Chiesa ortodossa di Gerusalemme, ma anche la protezione dello status quo che risale al periodo ottomano e che regola l’accesso alla città vecchia a tutte le religioni presenti.

Se i membri di Ateret Cohanim effettivamente prenderanno il possesso dei suddetti immobili, i fattori di tensione potrebbero esplodere in questo luogo di passaggio ampiamente frequentato da cristiani e pellegrini che desiderano visitare il Santo Sepolcro e altri luoghi santi della Città Vecchia, dice l’agenzia vaticana Fides.

L’interessato principale, il Patriarca greco-ortodosso Teofilo III, ha affermato che «se il gruppo radicale, Dio non voglia, attuerà restrizioni all’accesso alla zona, cristiani e pellegrini perderanno il loro corridoio di ingresso principale al quartiere cristiano della città vecchia di Gerusalemme, ma soprattutto, perderannno anche il loro accesso principale alla Chiesa del Santo Sepolcro.

Le azioni di questo gruppo ebraico ultranazionalista «minacciano la presenza cristiana originaria in Terra Santa», scrivono nella dichiarazione congiunta i leader delle 13 Chiese cristiane di Gerusalemme, i quali sostengono che minare la presenza multi religiosa a Gerusalemme «significa attaccare la diversità religiosa della città tre volte santa, e quindi in definitiva il suo carattere eminentemente universale». 

I leader delle chiese cristiane ricordano con forza che «l’esistenza di una comunità cristiana che vive a Gerusalemme è essenziale per la conservazione della diverse comunità ed è un prerequisito per la pace in questa città». 

Foto: Porta di Jaffa, Gerusalemme