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La promessa di protezione

Egli comanderà ai suoi angeli di proteggerti in tutte le tue vie. Essi ti porteranno sulla palma della mano, perché il tuo piede non inciampi in nessuna pietra
Salmo 91, 11-12

Gli angeli non sono forse tutti spiriti al servizio di Dio, mandati a servire in favore di quelli che devono ereditare la salvezza?
Ebrei 1, 14

Ognuna e ognuno di noi ha inciampato in un pietra, almeno una volta. Sia che l’inciampo e la pietra siano da prendere letteralmente, sia – e forse ancor più – che vengano intesi metaforicamente. Gli ostacoli, la cadute, le battute d’arresto, le asperità e la durezza fanno parte dell’esperienza normale della vita.

Che significato ha dunque una promessa come questa, che assicura addirittura di preservare i nostri piedi dall’urto con una pietra? È da intendersi smentita al primo urto? O forse è da ritenersi riferita a qualcun altro, a chi – a differenza mia – non cade mai?

Forse, invece, il fatto è che proprio in un mondo in cui si urtano pietre appuntite, proprio a persone che inciampano e cadono, ha senso rivolgere una simile promessa. Lo sappiamo tutti che urti e cadute capitano e capiteranno, ma lo stesso ci mettiamo in cammino, non lasciamo che quell’eventualità ci paralizzi. La affrontiamo, invece, e per farlo è necessaria una fiducia dalle ragioni imponderabili.

Lo dice bene la fortissima alpinista friulana Nives Meroi quando spiega che in un contesto severo e dai rischi estremi come quello degli ottomila, l’unica possibilità di avanzare è affidarsi, coscienti della propria precarietà. Lo stesso è davanti alle asperità della vita, che possono essere impegnative da affrontare quanto un ottomila, lo dice proprio Nives, lei che gli ottomila li ha scalati davvero. Senza una promessa come questa, per quanto azzardata possa sembrare, non muoveremmo un passo. Questa promessa di protezione, oggi, vogliamo rivolgerla a tutte e tutti coloro che sanno quali possano essere la durezza dell’intolleranza e gli spigoli taglienti della discriminazione, affinché non vengano mai più urtati dall’omofobia e dalla transfobia.

La dolcezza di questa promessa, che facciamo nostra preghiera, risuona insieme alle parole del capitolo 43 di Isaia che saranno al centro delle numerose veglie che si celebreranno oggi: «Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome; tu sei mio! Quando dovrai attraversare le acque, io sarò con te; quando attraverserai i fiumi, essi non ti sommergeranno; quando camminerai nel fuoco non sarai bruciato e la fiamma non ti consumerà, Perché tu sei prezioso ai miei occhi, sei stimato e io ti amo».