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I migranti? Noi li chiamiamo “new Scots”

La Chiesa di Scozia, ospite negli scorsi giorni della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, ha voluto approfondire in modo particolare l’esperienza dei corridoi umanitari e in generale i progetti legati ai migranti e rifugiati del programma Mediterranean Hope, che sostiene da anni.

In primis, dunque, la responsabile dell’accoglienza della Fcei, Federica Brizi ha raccontato come le chiese evangeliche si occupano di migranti e come si realizzano i corridoi umanitari, promossi insieme alla Comunità di Sant’Egidio.

I rappresentanti scozzesi hanno incontrato, tra gli altri, le Ong supportate dalla Fcei, che si occupano – tra mille difficoltà, soprattutto nell’ultimo periodo – di salvataggio in mare: Giorgia Linardi, portavoce di Sea-Watch e Veronica Alfonsi della Ong spagnola OpenArms, con Daniela Di Rado del Consiglio italiano per i rifugiati.

Prima delle esperienze delle organizzazioni impegnate nel salvataggio in mare, i pastori scozzesi hanno anche discusso con il senatore Luigi Manconi, coordinatore dell’Unar, che ha spiegato come «da 500mila» la popolazione di stranieri in Italia sia arrivata a «5 milioni 200mila di persone regolari”» e come questo fenomeno non abbia «prodotto nessuna o quasi concorrenza tra residenti italiani e stranieri in merito ai posti di lavoro quanto piuttosto una competizione sui servizi». Il problema, insomma, è la crisi del welfare state in Italia, che alimenta una guerra tra poveri, i cui frutti sono i violenti episodi nelle periferie, come Casal Bruciato e Torre Maura.

Per Ian Alexander, segretario generale del World Mission Council, la visita a Roma è stata l’occasione per «capire ancora meglio come supportare i progetti legati alla solidarietà e all’accoglienza da parte delle chiese evangeliche. Ci ha colpito molto l’impegno delle persone che sono in prima linea per accogliere i migranti – ha continuato il rappresentante scozzese – e l’attenzione per la dignità del lavoro, ad esempio, come valore-chiave per i percorsi di vita delle persone che arrivano in Italia. Di fronte al fatto che ogni evidenza il regolamento di Dublino non sta funzionando, per i rifugiati, cerchiamo di capire anche come poterne attivamente promuovere una sua modifica».

In Scozia il numero di migranti e rifugiati è molto più esiguo, ovviamente, che in Italia ma le chiese sono attive per «favorire l’integrazione, lavorare in termini di advocacy, per promuovere i diritti e l’integrazione di quelli che noi chiamiamo “new Scots”, nuovi scozzesi».

Non stranieri, profughi, migranti: nuovi cittadini scozzesi.