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Donne in dialogo

Il viaggio di incontro culturale in Marocco «Donne in dialogo tra le due sponde del Mediterraneo»(23-31 marzo) ha riunito un gruppo interreligioso formato da: Giuseppina Bagnato, pastora della Chiesa valdese di Rimini, Raffaella Sutter, sociologa, per oltre 30 anni dirigente del Comune di Ravenna, esperta in politiche sociali e di sviluppo di comunità, politiche di genere e cooperazione internazionale,Latifa Boumamol dell’associazione Tamkin – Donne Marocchine in Italia, Marisa Iannucci, islamologa, dell’associazione di donne musulmane Life Onlus, e altre donne, suore, insegnanti, operatrici in servizi sociosanitari. Molti gli incontri: Centro studi per la famiglia di Casablanca, associazioni che si occupano di donne con disagio e marginalità sociale, donne parlamentari ed esponenti dei partiti PJD (di ispirazione islamica, al governo) e Istiklal (partito nazionalista, all’opposizione), Istituto femminile Aysha Umm al mu’minim di scienze coraniche, donne teologhe, predicatrici e lettrici del Corano. Abbiamo chiesto alla professoressa Sutter e alla pastora Bagnato di raccontarci questa esperienza.

Qui di seguito l’articolo di Raffaella Sutter.

 

Il viaggio è stata un’occasione di riflessione sulla condizione delle donne e sull’organizzazione sociale in Marocco. Il Paese ha avviato un graduale processo verso la parità di genere, l’eliminazione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle donne nel 2004, con l’adozione del nuovo Codice della Famiglia, che porta a 18 anni l’età per contrarre matrimonio, abolisce l’obbligo di un tutore per la donna, introduce il divorzio giudiziario, la comunione dei beni, e limita la poligamia. Èopinione diffusa, tuttavia, che la riforma non abbia introdotto diritti a favore delle donne che non siano già oggetto di tutela da parte dell’Islam e che anche se alcuni limiti alla parità sono stati giuridicamente rimossi poco è cambiato a causa di un tessuto sociale fortemente radicato nella tradizione, soprattutto nelle aree rurali. Del 2018 è l’entrata in vigore della legge 103-13 contro la violenza di genere, che estende il concetto di violenza agli atti di aggressione, al matrimonio forzato, alle molestie sul lavoro e via sms o foto, allo sfruttamento sessuale, agli abusi, e inasprisce le pene; resta tuttavia ancora difficile perseguire la violenza domestica.

Le associazioni incontrate, che si occupano di donne in stato di disagio e marginalità, oltre a occuparsi di vedove e orfani con l’obiettivo di favorire l’empowerment delle donne tramite formazione e lavoro e mantenere i minori nel proprio nucleo familiare, si occupano anche di donne divorziate, di giovani madri con figli nati fuori dal matrimonio (molto stigmatizzate nella società marocchina) e di donne che hanno subito violenza. In particolare, molto efficaci sono le modalità di intervento sia dell’Associazione As-salam di Casablanca che dell’Associazione Karama di Tangeri che offrono opportunità di formazione e lavoro in diversi settori (ristorazione, cucito) a madri single e a donne che hanno subito violenza; Karama (Dignità) garantisce anche ospitalità residenziale e una scuola materna per i figli delle ospiti, aperta anche ad altri bambini, e gestisce una pasticceria. 

Impegno politico, sociale, teologico e femminista sono strettamente connessi e caratterizzano il protagonismo delle donne incontrate.La religione è motore dell’azione sociale, come afferma Khadija Moufid docente di filosofia del pensiero islamico all’Università di Rabat, fondatrice del Centro studi della famiglia di Casablanca e dell’Associazione al Hidn (il cui obiettivo è il sostegno alle famiglie) e che svolge anche un importante ruolo formativo presso le comunità della diaspora marocchina in Italia e in Spagna. La religione motore dell’azione sociale ispira l’organizzazione della società civile e le forme di assistenza portate avanti dall’associazionismo in un quadro di sussidiarietà con lo Stato; modalità questa in cui si declina oggi la zakāt (uno dei 5 pilastri dell’Islam), destinazione di una parte dei propri averi, in forma di aiuto solidale, alle categorie più svantaggiate della società islamica, specialmente i poveri, gli orfani e le vedove. Molte delle associazioni incontrate infatti si sostengono quasi totalmente con le donazioni di benefattori che intervengono in favore di orfani e vedove; una delle associazioni incontrate a Tangeri, Association Aid et Secours (Associazione riconosciuta di pubblica utilità) ha un dipartimento specifico che si occupa di raccolta fondi dei donatori e di abbinare singoli orfani a specifici donatori. 

 

Foto di Valentina Servidio