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Ambiente. Moltmann: per una nuova teologia della terra

I partecipanti al convegno ecumenico “Il tuo cuore custodisca i miei precetti (Proverbi 3:1). Un Creato da custodire da cristiani responsabili, in risposta alla Parola di Dio“, apertosi ieri a Milano, hanno ricevuto il saluto del teologo protestante tedesco Jürgen Moltmann. L’anziano accademico, oggi novantaduenne, ha infatti inviato un video messaggio sotto forma di intervista realizzata da Marco Davite, capo redattore della rubrica televisiva di RaiDue “Protestantesimo“. Ne riportiamo il testo qui di seguito.

In una prospettiva protestante, quali sono le ragioni dell’impegno dei cristiani per la salvaguardia del creato?

Viviamo alla fine dei tempi moderni e all’inizio dell’era ecologica che sarà il futuro del nostro mondo, se vogliamo sopravvivere. Il mondo moderno è “sapere e potere”; il suo motto è: sottomettiamo la terra. Noi conosciamo la natura, eppure la distruggiamo perché vogliamo conquistarla. Il futuro ecologico invece è “sapere e sapienza”. Il suo motto dovrà essere: integrarsi nella comunità della terra, perché vogliamo sopravvivere.

Che ruolo ha la teologia in tutto questo?

La teologia moderna è colpevole di aver creato una visione antropocentrica del mondo. Compito della nuova teologia sarà trasformare questo approccio in una nuova teologia della terra. La terra è un organismo vivente: dà la vita ai vegetali e agli animali, e accoglie l’umanità. La terra è nostra madre! Tradizionalmente la spiritualità cristiana si è orientata verso l’al di là: siamo ospiti su questa terra, siamo di passaggio, e quindi ci sentiamo autorizzati a prendere quel che ci serve e a buttare le cartacce. Ma se invece siamo figli di  questa terra, allora dobbiamo finirla con lo sfruttamento della nostra terra madre. Perciò serve una nuova spiritualità dell’al di qua, vorrei dire una spiritualità dei sensi: toccare, annusare e vedere Dio in tutte le cose. Serve un’eucaristia cosmica.

Lei è padre della teologia della speranza. Se ci guardiamo intorno, ci sono poche ragioni per essere ottimisti: c’è ancora spazio per la speranza oggi?

Se noi guardiamo al “contesto” attuale, non c’è speranza. Ma se siamo credenti, allora dobbiamo guardare al “Testo”, quello con la T maiuscola, la Bibbia. Quel testo è pieno di promesse e di speranza. È la speranza di una nuova creazione, che non è proiettata nell’al di là ma è iniziata con la resurrezione di Cristo. Lo Spirito della vita viene versato su tutta l’umanità, e la speranza guarda al nuovo cielo, alla nuova terra e alla giustizia. Ed è con questa speranza che vogliamo impegnarci per difendere la natura dalla distruzione, dal riscaldamento globale, che non sommergerà solo il Myanmar ma anche la mia città natale, Amburgo. È questa speranza che ci spinge a fare tutto quello che è nelle nostre possibilità per permettere ai nostri figli, e ai figli dei figli, di vivere.

Il convegno ecumenico “Il tuo cuore custodisca i miei precetti (Proverbi 3:1). Un Creato da custodire da cristiani responsabili, in risposta alla Parola di Dio”, (Milano, 19-21 novembre 2018), è organizzato dall’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso (UNEDI) della CEI in collaborazione con la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), l’Arcidiocesi ortodossa d’Italia e di Malta, la Chiesa apostolica armena, la Diocesi copto-ortodossa di San Giorgio a Roma, la Chiesa d’Inghilterra e la Diocesi ortodossa romena d’Italia.