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Il sogno del Consiglio ecumenico delle chiese

È il 23 agosto 1948. Ad Amsterdam nasce il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), l’organismo più ampio ed inclusivo tra le diverse organizzazioni del movimento ecumenico moderno. Oggi, formato da 345 chiese membro in 110 paesi del mondo, rappresenta circa 500 milioni di cristiani. Il Cec comprende la maggior parte delle chiese ortodosse, numerose chiese protestanti storiche (anglicane, battiste, luterane, metodiste, riformate) e diverse chiese indipendenti: una «comunione di chiese» riunite per promuovere il dialogo e la riconciliazione fra le diverse tradizioni cristiane.

Per celebrare i «primi» settant’anni del longevo organismo, le chiese membro e il suo Comitato hanno deciso di festeggiare, tra otto mesi, la data con un culto celebrativo e numerosi appuntamenti proprio nella capitale dei Paesi Bassi.

Per parlare di questa ricorrenza sul sito del Cec, potete trovare un’intervista ad Agnes Abuom, membro della Chiesa anglicana del Kenya e presidente del Comitato centrale del Cec.

«Tra gli obiettivi del nostro organismo ecumenico –rileva Abuom – vi è l’intento di proseguire con il pellegrinaggio per la Giustizia e la Pace e, allo stesso tempo, di riflettere su ciò che abbiamo imparato in questi 70 anni di sforzi ecumenici; in questi giorni stiamo condividendo attività e preghiere in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (Spuc, 18-25 gennaio 2018, ndr). Abbiamo avviato, poi, i preparativi per la Conferenza mondiale sulla missione e l’evangelizzazione e quelli per la riunione del Comitato centrale che si terrà a Ginevra il prossimo giugno. Inoltre c’è attesa per il Simposio dedicato allo sviluppo sostenibile che, insieme all’Act Alliance, terremo a Uppsala, in Svezia», luogo dove si tenne un’assemblea del Cec nel luglio del 1968, cinquant’anni anni fa.

«Il 2018 offrirà molte opportunità per definire il nostro futuro lavoro: un futuro che dovrà essere comune e unito nella fede, desideroso di testimoniare la ricerca di giustizia e di pace – prosegue Abuom –; il viaggio del Cec è iniziato 70 anni fa, ed è stato ricco di commemorazioni, di celebrazioni e sviluppi. Oggi, dopo tanto tempo, il movimento ecumenico ha assunto una dimensione globale. Dal 1961 le nostre battaglie intraprese per ottenere più unità e giustizia sono diventate delle conquiste. Donne e uomini, con pari opportunità, condividono la vita della Chiesa e le donne hanno assunto ruoli di primo piano. Anche il programma d’azione contro il razzismo ha ottenuto risultati. Le nostre chiese sostengono il popolo africano nelle lotte per la libertà e la giustizia sociale. Allo stesso modo cerchiamo di tutelare la difesa dei diritti umani in America Latina».

Abuom, ricorda il documento del 1982 «Fede e Costituzione» firmato a Lima e meglio conosciuto come «Battesimo, Eucaristia e Ministero», un traguardo che ha fatto la storia in materia di rapporti ecumenici. «Non possiamo dimenticare le battaglie per i diritti umani – prosegue -, il lavoro umanitario e gli sforzi di riconciliazione promossi dal Cec. Imperativo è far sentire la nostra voce nell’arena pubblica in materia di sviluppo socio-economico. Sforzi dedicati principalmente ai più poveri, alle persone più vulnerabili e a chi ha meno diritti: impegni che il Cec ritiene una base per lo sviluppo partecipativo e incentrato sulla persona».

Nei prossimi 40 anni, prosegue Abuom «dovremo demistificare l’attuale modello dominante consumistico che ha regalato la nostra “Madre Terra” nelle mani di pochi individui affamati di profitto. Dovremo prenderci cura dei nostri vicini, del nostro pianeta e garantire equità e futuro ai nostri posteri».

Agnes Abuom, infine, a pochi giorni dal Martin Luther King day, propone il suo sogno, quello di un mondo migliore «in cui la dignità di ogni donna e di ogni uomo possa essere rispettata. Un mondo in cui i bisogni fondamentali di ogni persona possano essere soddisfatti. Un mondo libero dalle discriminazioni razziali, dalle persecuzioni etniche; dalla xenofobia e dalle violenze ad esso associate».

Abuom sogna un mondo «libero dalle violenze sessuali e di genere […] e dove lo stato di diritto sia efficace contro il crimine. Un mondo globale e senza confini, dove le persone siano libere di poter viaggiare in sicurezza e in piena libertà».