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Progresso e responsabilità sociale

Che cosa dobbiamo aspettarci dalle nuove tecnologie: Internet delle Cose e Industria 4.0 che, lentamente ma inesorabilmente, si affacciano nella nostra vita, veicoli a guida autonoma, robot chirurghi e avvocati, apparecchi domestici collegati a Internet, software intelligenti, prodotti di massa costruiti su misura e molto altro ancora? Vivremo in un mondo sempre più digitale e connesso, e questo modificherà profondamente il nostro modo di vivere e anche la nostra identità.

Quindi, ancora prima di un fatto tecnologico, è un fatto sociale e in questi termini lo si deve affrontare.

Industria 4.0 promette un nuovo modo di lavorare e consumare, non si tratta di una corsa alla digitalizzazione di quanto già esiste o di inserire qualche nuova tecnologia, è essenzialmente un cambio culturale: nuovi modelli organizzativi negli ambienti di lavoro, una progressiva trasformazione delle professioni e creazione di nuove, un diverso rapporto tra produttore, prodotto e consumatore e, non ultimo, una diversa modalità di vivere il nostro tempo libero e occupato. In questo scenario chiunque volesse rifarsi alle idee espresse dal movimento luddista (che intendeva sabotare l’introduzione di nuove tecnologie nell’industria del XIX secolo) ha già perso ed è meglio che le aggiorni: siamo in presenza di un processo che riguarda tutto il pianeta e non vi è modo di fermarlo, anzi l’opposizione rischia di avere effetti negativi molto più alti rispetto ai presunti benefici.

Ora la domanda delle domande è una sola e non la si può eludere: nasceranno nuovi posti di lavoro o si perderanno? Il saldo occupazionale sarà positivo o negativo? I pessimisti credono che il saldo sarà negativo, mentre gli ottimisti lo immaginano positivo. Non è possibile dare una risposta oggi, ma di certo chi non si rinnova rimane indietro. Le nazioni più arretrate tecnologicamente saranno le più penalizzate sul piano economico e sociale, e oggi recuperare le posizioni in un’economia globale è molto più difficile di ieri.

Governi e istituzioni hanno elaborato le loro strategie di sviluppo per Industria 4.0 e Internet delle Cose e la Comunità europea ha iniziato a svolgere un ruolo di raccordo in ambito comunitario. Non solo i governi, ma anche le Università, le imprese, i sindacati e i cittadini con le loro comunità locali devono partecipare alla costruzione di questo nostro «tempo tecnologico». Ognuno deve fare la propria parte: una ricerca sempre più multidisciplinare nelle università, le imprese devono riconsiderare la responsabilità sociale alla luce di queste tecnologie, i sindacati devono proporre contratti di lavoro in cui venga messa in evidenza l’importanza della formazione e la partecipazione dei lavoratori e lavoratrici nei processi aziendali, i cittadini possono chiedere che ci sia un’attenzione al sociale anche nello sviluppo di queste tecnologie.

Siamo agli inizi di questa grande trasformazione e questo può essere un vantaggio, possiamo ancora scegliere la forma che vogliamo dare a questa «complessità tecnologica». Diventa quindi fondamentale il nostro atteggiamento: non può essere quello di resistenza eneanche quello di un’accettazione passiva; a mio avviso è necessario affrontare il tutto in un’ottica di resilienza, ovvero mettere in campo le abilità non solo per adattarsi al nuovo ma, soprattutto, per anticipare e innovare. In un quadro di riferimento europeo, la politica ha la responsabilità di guidare il cambiamento e l’innovazione attraverso un nuovo sistema giuridico che tenga conto non solo della nuova tecnologia ma anche dei suoi effetti nella società.

La Comunità europea ha avviato un’ampia discussione su questi temi e non a caso il termine robot-etica è presente nelle sue riflessioni: sarà necessario adottare un codice etico-deontologico per i costruttori di robot per un’innovazione responsabile, ma anche per risolvere dilemmi etici che si presenteranno nell’uso di queste tecnologie.

Ma che cosa accadrà quando l’intelligenza artificiale supererà la capacità intellettuale umana? Riusciremo ancora a controllare questi intelletti sintetici? L’interazione quotidiana tra persone e robot quali ripercussioni avrà sulla nostra identità?

Le domande sono molte e a queste si dovrà dare una risposta; la discussione politica, ancora prima di quella tecnologica è fondamentale in questo dibattito: come vogliamo che questa tecnologia entri nella nostra vita? La società civile non può evitare di dare il proprio contributo positivo a questo tema.

Osservare un robot lavorare è affascinante, ma lo sono molto di più le donne e gli uomini che l’hanno costruito. (Fine)

 

Testi di riferimento

I. R. Nourbakhsh, Robot fra noi, Bollati Boringhieri, 2014.

R. Oldani, Spaghetti Robot, Codice Edizioni, 2014.

G. Nicolosi, Robot. La macchina, il corpo, la società, Ed.it, 2011.

J. Kaplan, Le persone non servono, Luiss University Press, 2016.

Comunità europea, Progetto di Relazione recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica. (2015/2103 – Inl) Commissione Giuridica, relatore Mady Delvaux, 31/5/2016.

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