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Padre Nostro, si continua a discutere

La teologa tedesca Margot Käßmann interviene sul tema della modifica, parziale, della preghiera del Padre Nostro, nel passaggio “Non ci indurre in tentazione” modificato dalla chiesa cattolica in Francia per prima, e poi dalle chiese protestanti e cattolica in Svizzera in “Non lasciarci cadere in tentazione”. L’ex presidente del consiglio della Chiesa protestante in Germania (Ekd) in un articolo pubblicato sul numero domenicale del quotidiano “Bild” si è detta «contraria a qualsiasi modifica della preghiera che risale direttamente alle parole di Gesù stesso».

«Se iniziamo ad aprire un dibattito sulle possibili modifiche, – ha proseguito la pastora-  allora ci sarà un numero infinito di richieste, proposte, controversie. Lasciamo piuttosto così come è oggi l’unica preghiera comune a tutta la cristianità».

L’articolo arriva in reazione a chi per ultimo in ordine di tempo è intervenuto sulla modifica, cioè papa Bergoglio, che lo scorso 6 dicembre in una trasmissione di Tv2000 ha affermato che quella attuale «non è una buona traduzione. Anche i francesi hanno cambiato il testo con una traduzione che dice “non lasciarmi cadere in tentazione”, sono io a cadere, non è lui che mi butta nella tentazione per poi vedere come sono caduto, un padre non fa questo, un padre aiuta ad alzarsi subito».

In ambito protestante la Bibbia Riveduta (la «Luzzi» del 1924) introdusse la traduzione «non esporci», mentre la liturgia cattolica continua a preferire il «non indurci». Fra le traduzioni recenti, invece, si assiste a una diversificazione rispetto alla tradizione. La nuova Bibbia della Conferenza episcopale italiana (2008) propone un «non abbandonarci alla tentazione» e la Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente (Tilc) traduce «fa’che non cadiamo nella tentazione».

Dalla prima domenica di avvento del 2017, la Chiesa cattolica francese ha introdotto nella sua liturgia una nuova traduzione del Padre nostro (in realtà pubblicata già nel 2013), che sostituisce la frase «et ne nous soumets pas à la tentation» con «et ne nous laisse pas entrer en tentation». Questa scelta viene compiuta non solo in seguito a decenni di dibattiti interni, ma anche per un’esigenza ecumenica, essendo la nuova versione diffusa nelle traduzioni francofone contemporanee. A Pasqua 2018 anche in Svizzera dovrebbe  prendere il via la nuova versione comune alla chiesa cattolica e a quelle protestanti.

Come ha spiegato in un articolo su Riforma il professore di Nuovo Testamento della Facoltà valdese di Teologia di Roma Eric Noffke «Questa incertezza nasce dalla difficoltà di rendere il verbo greco eisfero: «portare in», «far entrare». Gerolamo lo tradusse in latino con inducere e di qui viene l’italiano «indurre», solo apparentemente più letterale. La ragione della traduzione di Luzzi fu spiegata bene da Giovanni Miegge: «indurre» in italiano implica l’idea di esercitare una pressione su qualcuno, perché faccia qualcosa, magari contro la sua volontà, ma il verbo greco non vuole assolutamente dire questo. «Esporre» è certo «meno vigoroso, meno elegante e sembra un’attenuazione, ma per lo meno non si presta allo scandalo» (da Il Sermone sul Monte, Claudiana, 1970, p. 216)».