the_debate_of_socrates_and_aspasia

Col pensiero critico si innescano le Riforme

Di qualsiasi evento storico si scriva o si parli, correttezza vorrebbe che venga inserito nel contesto in cui lo troviamo in modo da poter essere compreso pienamente, ovvero in relazione a tutto il resto. Per spiegare la Riforma protestante vale lo stesso, se non di più, visto il periodo particolarmente ricco di avvenimenti, cambiamenti e scoperte tecniche, geografiche e filosofiche. Nel panorama europeo di fine ‘400 non è raro trovare dissidenze anticlericali, espressioni sarcastiche o meno rivolte contro la chiesa di Roma e alcuni suoi esponenti specifici. Il periodo che analizziamo è stato in qualche modo preparato: Lutero non avrebbe potuto affiggere le 95 tesi se non si potesse parlare già nei secoli XIV e XV di Umanesimo e nascita del pensiero critico.

Ne parliamo con la professoressa Mariangela Regoliosi, che ha insegnato filologia medievale umanistica a Firenze, e che era presente al convegno “Verso la Riforma. Criticare la Chiesa, riformare la Chiesa” che si è svolto a Torre Pellice fra il 31 agosto e il 3 settembre di quest’anno. Il suo intervento si è concentrato in particolare su Lorenzo Valla celebre umanista, filologo e scrittore italiano che viene descritto come un precursore di Lutero.

Come potremmo descrivere il periodo che ha portato a parlare di Umanesimo e pensiero critico?

«È ovviamente impossibile dare una data e individuare una persona. Non ci dobbiamo mai dimenticare che ciò che caratterizza l’Umanesimo è il recupero integrale dei classici, cioè letti nella loro integralità, non in modo ontologico, indiretto o purgato come spesso avveniva nel medioevo; così come tutti i classici greci che il medioevo, tranne qualche eccezione, non conosceva. Questo mondo classico, spesso contestato da alcuni religiosi anche in ambito umanistico in quanto mondo pagano, ha introdotto alcuni elementi di maggiore criticità nel cristianesimo stesso, nella cultura e nella mentalità dell’uomo. Non perché la religione sia necessariamente dogmatismo ma a causa del confronto con un mondo diverso, con una cultura in larga misura profondamente diversa, con autori, filosofi, letterati che ponevano problemi in termini dialogici e non dogmatici. Una svolta fondamentale dell’umanesimo, su imitazione classica, è l’introduzione del dialogo invece del trattato o della summa. Il dialogo per sua natura è critico perché è aperto, quando è vero dialogo ci sono due punti di vista, entrambi legittimi in un certo senso, ciascuno dei quali viene veramente approfondito da personaggi che sono portavoce e il più delle volte il dialogo umanistico, così come il dialogo classico, rimane aperto. Un modello è ovviamente il dialogo ciceroniano ma ancor più il dialogo platonico di marca socratica che è un cercare di scovare la verità facendola emergere dall’interno della persona, individuando ogni volta le contraddizioni del pensiero, in modo che via via ci si avvicini alla verità e se ne vedano tutte le facce. Questo aspetto, secondo me, questo particolare momento della cultura o metodologia della cultura, è fondamentale per stimolare lo spirito critico»

Si può parlare di una riscoperta della natura e dello studio a essa dedicato?

«Si, la natura e ma soprattutto l’apprezzamento della natura. La natura è positiva. Lo scritto del Valla Il vero bene è, appunto, dialogo quindi presenta sfaccettature diverse, ma in una delle linee che poi alla fine è quella dominante, anche se il Valla non prende posizione in modo esplicito, è quella che dice che la natura, la realtà in quanto creata è positiva, l’uomo ha una sua positività interiore e questo valorizza enormemente la ragione, valorizza la capacità dell’uomo, valorizza le capacità critiche. Ma io penso comunque che sia soprattutto questo contatto con un mondo diverso, che fa mettere a confronto il tuo punto di vista con quello degli altri, un dialogo che è sempre intrapersonale che sicuramente stimola lo spirito critico. Un altro aspetto che sicuramente andrebbe sottolineato è che l’umanesimo è il periodo della nascita della filologia, il che ha un valore in se enorme perché si comincia ad imparare una metodologia filologica che consente di confrontare manoscritti diversi cercando in qualche modo di risalire alla corretta lezione dei testi oppure di congetturare sulla base di una intelligente conoscenza della lingua latina che fa riconoscere, attraverso gli errori, quella che poteva essere la lezione originaria. Ma questa attenzione filologica è una sorta di premessa del metodo scientifico perché dà un’attenzione concreta alle cose, non ci si può permettere della fantasie, siamo legati al testo e li dobbiamo indagare e cercare di scavare quello che può essere il testo nel suo significato vero. Anche questo certamente contribuisce a uno sviluppo, un’articolazione dello spirito critico. Ugualmente importantissima è la valorizzazione della storia che introduce l’umanesimo. Non è che le storie prima non venissero scritte, ma ora si intende la storia in quanto storia dell’uomo in cui è lui l’attore principale. Il Valla, o altri come lui, insegnano che veramente accanto alla filosofia etica che da delle norme, c’è anche la storia che ne dà altre. Attraverso il comportamento degli uomini, ciò che è stato fatto nella storia, di bene e di male, lo storico, col suo spirito critico, assume tutti gli elementi, distingue, sceglie, e propone una certa linea degli eventi».

Immagine: Di Nicolas-André Monsiau – Opera propria, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=28482644