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Sud Sudan: «Fate agli altri quello che…»

Un bel messaggio nella giornata internazionale della pace, istituita dall’assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1981, che si riunisce proprio in questi giorni in un clima tutt’altro che pacifico.

Arriva dal Sud Sudan, paese nato appena sei anni fa e già sconvolto dalla guerra e dai massacri etnici, in particolare fra i Dinka, la maggioranza, e i Nuer, la minoranza più consistente, ma pur sempre minoranza. E le etnie presenti nel paese sono decine, anche di religioni diverse, rendendo tragica la situazione, aggravata da siccità, carestie e rischio epidemie.

Perché ci sia la pace in i cristiani devono seguire il grande comandamento di Gesù, e la soluzione al conflitto va trovata nell’impegno dei cristiani e delle chiese piuttosto che in quello del governo e della comunità internazionale. Lo ha affermato l’arcivescovo anglicano di Bahr el Ghazal, provincia storica del Paese, Moses Deng Bol, in uno scritto pubblicato numero di settembre di Renewal, la rivista trimestrale della provincia e ripreso da Anglican News, dicendo che la pace ci sarà quando i cristiani metteranno in atto l’insegnamento di Gesù sul «più grande comandamento».

«Secondo Gesù, il mio prossimo è chiunque si trovi accanto a me, in ogni momento, indipendentemente dalla sua etnia, razza o colore, genere, altezza o taglia», ha scritto. «In Matteo 7, 12 egli risponde alla domanda su come amare il prossimo come se stessi, con le parole che sono ora conosciute come “regola d’oro”: “Tutte le cose che voi volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro: perché questa è la legge e i Profeti”».

E ha continuato, rivolgendosi alle sue chiese: «La regola è che voi usiate i vostri sentimenti per determinare il modo in cui trattare gli altri. In altre parole, prima di fare qualunque cosa a un altro, chiedetevi come reagireste se quella persona lo facesse a voi, se vi piacerebbe. Se la risposta è no, allora non fatelo. Questo perché tutti sono uguali senza distinzioni di appartenenza etnica, razza, colore o genere, come viene detto in Genesi 1, 26-27: tutti gli esseri umani, uomini e donne, sono creati a immagine di Dio».

L’arcivescovo ha usato anche toni duri, affermando che «il problema del Sud Sudan è che molti di noi sono cristiani di nome e per il fatto di andare in chiesa alla domenica, ma non ci è stato insegnato a comprendere gli insegnamenti di Gesù e a obbedirvi…».

Nel suo messaggio, Moses Deng Bol ha citato il caso di un sermone predicato agli anziani di un villaggio ai confini tra i territori Nuer e Dinka. «Ho chiesto loro se avrebbero gradito che i Nuer venissero al loro villaggio e uccidessero, loro, le loro mogli e i loro figli, prendessero le loro mucche e bruciassero le loro case. Hanno tutti risposto con un grande no. Poi ho chiesto chi tra loro voleva che i Nuer andassero a Toch (l’area paludosa/erbosa dove i pastori Nuer e Dinka si incontrano durante la stagione secca) e vivessero in pace, con le loro pratiche culturali, salutando i Dinka al momento di ritornare ai loro villaggi. Tutti hanno detto che era ciò che volevano. Allora ho detto loro di fare ai Nuer ciò che volevano che i Nuer facessero loro».

Il capo villaggio ha chiesto all’arcivescovo se lo stesso messaggio era stato predicato ai Nuer dall’altra parte del confine, dicendosi convinto che in quel caso «ci sarebbero voluti meno di due anni perché il conflitto tra le comunità Nuer e Dinka finisse senza alcun intervento della polizia o dell’esercito».

Moses Deng Bol ha risposto al capo villaggio che era anche lui della stessa opinione, a patto che «i Dinka obbedissero al comandamento anche se il vescovo Nuer non stava predicando lo stesso messaggio al di là del confine». Questo perché è convinto che «i Nuer non attaccheranno i villaggi Dinka più di tre volte se questi ultimi si limiteranno a difendersi senza attaccare a loro volta i villaggi Nuer».

Infine, l’arcivescovo ha reiterato l’appello alla Chiesa episcopale del Sud Sudan per un «dialogo nazionale autentico e inclusivo… che speriamo giunga alle radici delle parti in conflitto e trovi una via d’uscita basata sull’unità nella diversità», e ha aggiunto: «Il nostro compito come cristiani è di aumentare la consapevolezza fra le nostre comunità sull’importanza di rispettare i valori di altre comunità, se vogliamo che queste rispettino i nostri».

Immagine: By USAID Africa Bureau – A young girl hangs the South Sudan flag, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=21460264