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La famiglia Guglielminetti tra poesia e Resistenza

Tre libri in uno, in realtà, questo densissimo saggio scritto con agile penna da Maria Chiara Acciarini, che certo non ha bisogno di presentazioni: deputata e poi senatrice, attualmente consigliera dell’Associazione ex-Deportati (Aned) e della «Fondazione della memoria della Deportazione». L’autrice ha dedicato un minuzioso lavoro di ricostruzione a questa Storia dei Guglielminetti* a lei cara per le ascendenze del coniuge Marziano, docente universitario e letterato, immaturamente scomparso, rimpianto anche dal mondo valdese, a cui ambedue sono stati sempre molto legati. Marziano è un nome che ricorre spesso in questa prolifica genealogia, che percorre 150 anni.

È il 1830 l’anno in cui gli antenati, artigiani del legno, spinti dalle difficoltà economiche, abbandonano la natia Valle Strona e vanno girovagando su uno strano «carro volante» di loro invenzione, per attirare l’attenzione della gente e riuscire a vendere qualche oggetto di tornitura. Ma, di invenzione in invenzione, questi ingegnosi artigiani riescono anni dopo a inventare un nuovo tipo di borraccia, ottenendo le forniture dell’esercito sabaudo, fino a diventare importanti imprenditori a Torino, partecipando poi all’Esposizione Universale del 1884 e conseguendo la medaglia d’oro.

La seconda parte del libro è incentrata sulle figure di due cugine: la famosa scrittrice Amalia e la maestra Paola, due percorsi esistenziali diversi, ma accomunati dall’amore per la letteratura e dalle scelte coraggiose rispetto alla condizioni di vita delle donne tra fine ‘800 e primi del ‘900. Non era di certo scontato il lavoro «fuori casa» di Paola, così come il fatto che Amalia, resa celebre oltre che dai suoi versi dal tormentato rapporto con Guido Gozzano, «si mosse senza paura nel difficile terreno della trasgressione alle regole e fu, in qualche modo, una contestatrice della morale del suo tempo». Questa seconda parte del libro affresca in modo avvincente la difficile condizione delle maestre (penso alle contemporanee vicende delle maestre valdesi), e il tipo di educazione con cui venivano allevate le ragazze, riferendosi anche ai romanzi di altre scrittrici del tempo.

La terza parte – altrettanto coinvolgente – ripercorre la vita di tre fratelli antifascisti: Riccardo, Marziano e Andrea, attraverso documenti inediti. Il primo, volontario nella I Guerra mondiale e ferito al fronte, viene decorato con medaglia d’argento, riconoscimento che non gli eviterà nel 1923 di essere privato della cattedra dal regime fascista: «la sua è una lunga storia di sacrifici, nella quale le ristrettezze imposte da un reddito modesto sono state costantemente accompagnate dall’incertezza del posto di lavoro», costringendolo anche a un continuo e stressante iter burocratico, e solo nel dopoguerra vedrà riconosciuti i propri diritti. Marziano, anch’egli inviato al fronte del Carso e poi coinvolto nella tragica ritirata di Caporetto, sarà un avvocato e un politico, pur coltivando interessi letterari: antifascista e resistente, poi «socialista d’azione», sarà assessore a Torino nella giunta di sinistra di Celeste Negarville, e infine deputato del Psi.

A sua volta l’altro fratello, Andrea, anch’egli avvocato, cattolico fervente, arrestato e imprigionato nel ’44 nella famigerata caserma di via Asti, farà parte per la Democrazia cristiana del Cln piemontese. Nel dopoguerra assumerà molti incarichi nella DC, sarà assessore, e poi sindaco. Anni dopo, nel 1976, la giunta torinese di Diego Novelli gli consegnerà la cittadinanza onoraria, unitamente a Giorgio Agosti, Ferruccio Parri e Umberto Terracini, con una motivazione in cui si riconosce «l’attaccamento radicato alle libertà e alle istituzioni conquistate dalla Resistenza, l’approccio al potere come servizio, non come rincorsa personale al successo per il successo».

Bella gente dei tempi che furono.

* Maria Chiara Acciarini, ”Storia dei Guglielminetti. 150 anni di memorie familiari dall’Unità d’Italia alla fine del Novecento. Torino, Robin Edizioni, 2016.