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Soli, senza ius

«Cittadini di fatto, fantasmi per legge»: questo, più di un anno fa, era il titolo di un comunicato diramato da «L’Italia sono anch’io» (la Campagna per i diritti di cittadinanza promossa da 22 organizzazioni della società civile nata nel 2011 per riportare all’attenzione dell’opinione pubblica e del dibattito politico il tema dei diritti di cittadinanza e la possibilità per chiunque nasca o viva in Italia di partecipare alle scelte della comunità di cui fa parte, tra le quali è fondatrice la Federazione delle chiese evangeliche in Italia – Fcei), utilizzato per lanciare l’ennesimo allarme e ricordare che la proposta di riforma della legge sulla cittadinanza, la n. 91/92, licenziata in prima lettura dalla Camera – esattamente un anno prima –, era (ed è ancora oggi) in attesa di essere discussa dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato.

«Da un anno e mezzo la legge sulla cittadinanza è ferma in Senato – ricorda a Riforma.it Giulia Gori, responsabile del coordinamento e accoglienza di Mediterranean Hope (Mh) progetto della Federazione delle chiese evangeliche e in Italia per rifugiati e richiedenti asilo – per l’approvazione definitiva bloccata in commissione affari costituzionali. La Campagna “L’Italia sono anch’io” nei mesi scorsi aveva incontrato la senatrice Finocchiaro, la quale aveva promesso di avviare subito dopo il referendum la discussione del ddl. La crisi di governo ha nuovamente bloccato i lavori e nelle prossime settimane la Campagna intende organizzare una conferenza stampa per proseguire a far pressione sul Governo e sui senatori. Rispetto al ddl approvato alla Camera – prosegue Gori –, sicuramente è stato un passo in avanti significativo, anche se quella legge, approvata nell’ottobre 2015, di fatto ha creato uno ius soli “temperato”, che presenta alcune criticità che riteniamo, auspicabilmente, vengano affrontate nel corso del dibattito a Palazzo Madama. In particolare, l’introduzione del requisito riguardante il possesso del permesso di soggiorno Ue, per soggiornanti di lungo periodo, da parte di almeno un genitore ai fini dell’acquisto della cittadinanza, che rischia di prevedere una definizione di cittadinanza “per censo” che legherebbe il diritto dei minori di diventare cittadini italiani alla capacità economica delle loro famiglie».

Un importante impulso per giungere far all’approvazione della Camera dei Deputati, seppur tardivo, giunse dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che seppe cogliere una solenne occasione per parlare di diritti di rifugiati e migranti e nuovi italiani: l’Assemblea della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), che nel novembre 2011 venne aperta proprio alla presenza del capo dello Stato al Quirinale.

A introdurre i lavori, l’allora presidente della Fcei, il pastore Massimo Aquilante che, nel saluto rivolto a Napolitano, ricordò l’impegno della Fcei proprio nella Campagna «L’Italia sono anch’io» con riferimento alle due leggi di iniziativa popolare: l’introduzione dello ius soli e del voto nelle consultazioni elettorali locali per gli immigrati – ricordando che «una vera politica d’integrazione era impensabile senza questi fondamentali diritti». Poi, gli interventi di Elena Bein Ricco e del filosofo Mario Miegge fecero da sponda e «convinsero» Napolitano, a sorpresa – l’intervento infatti non era previsto – a dire queste importanti parole e che fecero impazzire i media italiani: «Mi auguro che in Parlamento si possa affrontare anche la questione della cittadinanza ai bambini nati in Italia da immigrati stranieri. Negarla è un’autentica follia, un’assurdità. I bambini hanno quest’aspirazione», per fare una sintesi.

Proprio oggi, e a più di un anno dall’approvazione alla Camera dello «ius soli temperato», un articolo su la Repubblica rilancia: «doveva essere il fiore all’occhiello del centrosinistra: dare la cittadinanza ai bambini immigrati, nati in Italia o che qui studiano da tanto. Novecentomila all’incirca. Un po’ meno alla fine perché la legge approvata nell’ottobre 2015 alla Camera, mette alcuni paletti e si chiama, infatti, “ius soli temperato”. Ancora nel nostro paese si è italiani per diritto di sangue: “ius sanguinis”. Anche chi è nato in terra italiana, quindi, resta straniero. Chi gioca, va a scuola con i bambini italiani non è italiano. Da un anno e mezzo, la cittadinanza per i nuovi italiani è ferma al Senato, dove deve avere l’approvazione definitiva. Bloccata in Commissione Affari costituzionali».

Il testo fondamentale per la Cittadinanza Italiana ancora in vigore è la legge 5 febbraio 1992, n. 91. Il quadro normativo sulla cittadinanza è completato dai due regolamenti di esecuzione della legge, che stabiliscono le norme attuative dei suoi principi generali, i Decreti del Presidente della Repubblica 12 ottobre 1993, n. 572 e 18 aprile 1994, n. 362.
Con lo «ius soli temperato» è previsto che possa diventare cittadino italiano chi è nato in Italia da genitori stranieri, di cui almeno uno in possesso del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo, previa dichiarazione di volontà di un genitore o di chi esercita la responsabilità genitoriale, da presentare al Comune di residenza del minore, entro il compimento della maggiore età, o dallo stesso, poi raggiunta la maggiore età. Non hanno diritto al permesso, gli stranieri che soggiornano per motivi di studio o formazione professionale.

A titolo di «protezione temporanea» o per motivi umanitari, invece, quanti hanno chiesto la protezione internazionale e sono in attesa di una decisione definitiva; chi è titolare di un permesso di soggiorno di breve durata; quanti godono di uno status giuridico particolare previsto dalle convenzioni internazionali sulle relazioni diplomatiche.

Tra le novità: l’introduzione dello ius culturae, ossia, il minore straniero nato in Italia o entrato nel nostro paese entro il dodicesimo anno di età, può ottenere la cittadinanza nel caso abbia frequentato, regolarmente e per almeno cinque anni uno o più cicli di studio e/o seguito percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali per conseguire una qualifica professionale. È necessario però che il ciclo delle scuole primarie sia superato con successo. Se, bocciati alle elementari, si dovrà aspettare per chiedere la cittadinanza.
I sì dell’Aula della Camera alla legge per la cittadinanza furono 310, 66 i no e 83 gli astenuti. I deputati della Lega urlarono «Vergogna!» e quelli del Pd applaudirono. Astenuti i deputati del M5S e votarono contro il testo, Lega, Fdi e Fi.

Foto: via Italia sono anch’io