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Il valdese di Sicilia che infiammò Torino

Il bel volume che Erica Scroppo dedica al padre Filippo* in realtà non può essere recensito, ma soltanto preso in mano, guardato nelle tante fotografie famigliari e di Scroppo con artisti e letterati, nelle riproduzioni a colori dei quadri. Naturalmente va letto, o meglio ascoltato nel turbinio dei ricordi, delle luci, delle amarezze, delle battaglie, della fede, delle valli valdesi, della Sicilia, delle lotte dei braccianti, della Facoltà valdese di Teologia, dei quadri e dei pittori, di articoli, giornali, mostre, iniziative…

In questo turbinio ci trasporta Erica Scroppo, anche lei appassionata, vulcanica, confusionaria, innamorata dei valdesi e della loro storia, giornalista prolifica e impegnata… Il piacere del lettore è proprio quello di farsi prendere per mano dall’autrice in questo racconto che percorre la vita del padre, ma è molto di più di una biografia. È una storia con tanti luoghi, persone, avvenimenti che sarà naturalmente apprezzata dai lettori che li conoscono almeno in parte ( a cominciare dalla comunità valdese di Torre Pellice, dai partecipanti al Sinodo), ma che al tempo stesso offre uno squarcio interessante sulla Torino intellettuale del dopoguerra, dove Scroppo – che sarà ricordato dal critico Marco Rosci come «il valdese di Sicilia che infiammò Torino» – stabilì rapporti intensi con personaggi come Giulio Carlo Argan, Vittorio Foa, Carlo Levi, Ada Gobetti, Sandro Galante Garrone, Adriano Olivetti… e con i più giovani, da Italo Calvino a Paolo Spriano, Bianca Guidetti Serra, e diventò collaboratore per la terza pagina dell’edizione torinese de L’Unità, dove critico musicale era Massimo Mila e letterario Cesare Pavese. Un capitolo a parte, anzi un filo rosso, che percorre la pagine del libro è la sua lunga amicizia con Felice Casorati e la reciproca stima.

Ma da dove veniva questo artista siculo-valdese? Figlio e nipote di «convertiti» valdesi, Filippo Scroppo nacque a Riesi nel 1910. In questo piccolo centro, situato in una zona di miniere di zolfo, fin dal 1870 si era formata una comunità valdese e poi una scuola, anche con il supporto del sindacato anticlericale… Il pastore Arturo Mingardi fu decisivo per la formazione di Filippo, e per la sua crescita nella fede evangelica, al punto che, più avanti negli anni, il decidersi fra Facoltà di Teologia e pittura non fu semplice. Evangelo da una parte, lotta per la giustizia e contro il sopruso, dall’altro. A 9 anni (con l’amico Liborio Naso di due anni più grande) Filippo aveva visto i carabinieri sparare sul corteo dei braccianti che lottavano per la terra: 12 morti e 50 feriti. Una cosa che non si dimentica…

Nel 1930 lascia la Sicilia per il servizio militare, visita Firenze (gli Uffizi…) e, dopo aver conosciuto le valli valdesi, decide di restarvi. L’inserimento a Torino avvenne senza difficoltà, anche qui grazie alla grande famiglia valdese… In quegli anni ferveva la battaglia circa le associazioni giovanili: da un lato l’Associazione cristiana dei giovani (Acdg), dall’altro la Federazione unioni valdesi (Fuv), più «ecclesiastica». Filippo partecipa come delegato di Riesi al grande Convegno Fuv di Pomaretto (1934), poi assiste al Sinodo. Avendo vinto un concorso come maestro, accetta una supplenza a Villar Pellice dove nascono la grande amicizia con il pastore Tini Jahier e la passione per la fotografia.

Dopo la guerra Scroppo visse e lavorò nel mondo dell’arte come artista, critico, promotore, organizzatore di iniziative culturali e mostre. Dipinse senza pausa, un quadro dopo l’altro, a volte giorno e notte senza mangiare. Da un punto di vista stilistico fu eclettico e si volle indipendente senza imporre nulla ai suoi studenti. Insegnò all’Accademia Albertina per oltre 30 anni. Espose alla Biennale di Venezia del ’48 e del ’50. Agli Uffizi di Firenze sono esposti due Scroppo.

E infine: la Civica Galleria d’Arte di Torre Pellice che oggi è intitolata a Filippo Scroppo ha alle spalle la notevole storia delle Mostre di arte moderna da lui organizzate a partire dal 1948. L’idea di partenza fu di Attilio Jalla, professore al Collegio valdese e infaticabile ispiratore e organizzatore culturale, che chiese al pittore di preparare una conferenza sull’arte contemporanea, per aprire su di essa gli occhi degli studenti. Scroppo pensò subito a una mostra antologica; molti artisti torinesi ne furono entusiasti e fecero a gara per aiutare nel trasporto delle opere e nell’allestimento.

Nella prima edizione furono presenti le opere di molti artisti torinesi, da Spazzapan a De Pisis a Carlo Levi, ma anche grossi calibri come Morandi, De Chirico, Carrà, Vedova. Felice Casorati tenne la prolusione nell’Aula sinodale, cui seguì un animato dibattito. Nel comitato esecutivo c’era l’intellighenzia locale: sindaco, pastori, imprenditori; il comitato scientifico era costituito da Leopoldo Bertolè (come collezionista fu un personaggio fondamentale per le mostre ), da Albino Galvano e dallo stesso Scroppo.

La mostra del 1948 era stata pensata come una tantum, ma il successo fece si che essa si ripetesse per oltre 40 anni… Non solo, ma fin dalla seconda edizione ebbero luogo anche 4 concerti presentati e commentati dal grande critico Massimo Mila; un po’ alla volta accanto ai classici comparvero brani di musica dodecafonica e autori come Stravinskij e Ravel. Nella presentazione di un catalogo del 1949 troviamo un dotta prefazione di Albino Galvano in cui si parla di Karl Barth e dell’abbinamento fra astrattismo e dodecafonia… Colpisce la determinazione di Scroppo e dei suoi collaboratori nell’educazione e nel far crescere il gusto del pubblico non solo d’élite. Il nome di Torre Pellice diventa conosciuto al punto che G. C. Argan qualificherà questa Mostra come «la più importante rassegna del suo genere in Italia dopo la Biennale di Venezia».

Poercorrendo questo libro non abbiamo parlato delle donne, importantissime nella tribù degli Scroppo; lasciamo il piacere di questa scoperta ai lettori, ringraziando intanto la donna che ci ha raccontato questa bella storia di fede, di arte e di passioni.

* E. Scroppo, Filippo Scroppo (1910-1993), il Pastore dell’Arte. Torino, Claudiana, 2016, pp. 80, euro 12,50.