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L’ambiente ci riguarda

Il Circolo il Carrubo (Legambiente) di Ragusa giovedì 24 novembre alle 17.30, presso Mediterranean Hope – Casa delle Culture di Scicli (Rg), promuove una tavola rotonda dedicata al clima, la salvaguardia del Creato e all’Enciclica “Laudato sì” e lo fa a pochi giorni dalla firma «Interconfessionale» avvenuta in occasione della Cop22 tenutasi a Marrakech.

Parteciperanno all’incontro: il pastore della chiesa metodista di Scicli, Francesco Sciotto; padre Cesare Geroldi, gesuita della comunità di Ragusa; Vittorio Cogliati Dezza, della Segreteria Nazionale Legambiente e l’imam di Scicli Ziri Salem.

«L’evento è interessante perché l’iniziativa non parte dalle chiese, bensì dalle associazioni ambientaliste del territorio di Scicli e in particolar modo da Legambiente. Tutte hanno espresso il desiderio di coinvolgere la Casa delle culture per affrontare una questione delicata, anche nella sua dimensione teologica, cara a tutti noi: la tutela dell’ambiente, del clima e della salvaguardia del Creato», ha rilevato il pastore Sciotto.

Il vostro incontro giunge a pochi giorni dalla firma interconfessionale avvenuta in occasione della Cop22 a Marrakech. Era previsto?

«In realtà l’appuntamento era stato messo in calendario già da prima; ma dopo questa notizia, l’occasione si presenta ora ancor più “ghiotta”. Si era deciso di analizzare la recente Enciclica di papa Francesco “Laudato sì” in relazione alla riflessione protestante su questi temi. Una riflessione altrettanto importante, direi precedente, e rafforzata negli anni dalla dichiarazione firmata ad Accra (Ghana) nel 2004 dall’Alleanza riformata mondiale. Un importante lavoro ecumenico che le chiese mondiali hanno prodotto sull’argomento utilizzando materiali elaborati da singole chiese e organizzazioni ecclesiali, proprio come avviene in seno alla nostra Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), attraverso la Commissione globalizzazione e ambiente (Glam). Tutti lavori e documenti che, sicuramente, hanno contribuito ad arrivare alla recente firma «interconfesionale» di Marrakech. Affrontare la questione del degrado ambientale è importante perché questo fenomeno innesca, a livello internazionale, “effetti domino” importanti, come quello delle migrazioni ambientali o conseguenti ingiustizie sociali. Dunque, parlare e riflettere di tutela dell’ambiente vuol dire e affermare che: la giustizia ecologica dev’essere il prerequisito per la giustizia sociale, per un mondo più giusto e accogliente per tutti».

Il vostro appuntamento avrà un approccio interreligioso e interdisciplinare?

«Certo, rientra nello spirito dialogico e aperto che ispira il lavoro della Casa delle culture di Scicli. Più volte l’imam Ziri Sale, ad esempio, è intervenuto in occasione di nostri incontri. Credo che la Casa delle culture, nel tempo, sia riuscita a innescare formule innovative di dialogo tra i cristiani e i musulmani presenti nel territorio che ci accoglie».

Perché per i protestanti, per le chiese evangeliche in generale, il tema della tutela dell’ambiente è così dirimente?

«Perché è un dovere etico, morale, cristiano. Affrontando questo tema affermiamo, ogni volta che possiamo, il concetto che il Creato non appartiene all’essere umano, ma che è uno spazio, un dono, creato da Dio per l’uomo. Un luogo, messo a nostra disposizione dove poter vivere, con cura e attenzione, le nostre esistenze. Riflettere in senso teologico sul Creato significa riaffermare la sovranità di Dio. Dobbiamo altresì ricordare che se schiavizziamo persone e usurpiamo territori, ci comportiamo tutti come dei “piccoli Faraoni”. Dovremmo, invece, predicare e ricordarci, giorno dopo giorno, che siamo servi di Dio in questo mondo, un mondo globalizzato nel quale siamo chiamati a vivere. La nostra dev’essere prima di tutto una riflessione teologica, etica e politica».

Il progetto Mh della Fcei, che la vede tra i referenti, ha lanciato in questi giorni un importante appello. Quale?

«L’appello giunge dall’Osservatorio sulle migrazioni di Mediterranean Hope, sorto nell’Isola di Lampedusa nel 2014. Un appello al quale le chiese stanno rispondendo con sollecitudine. La situazione all’interno dell’Hotspot di Lampedusa preoccupa, sono tante le persone ospitate e aumentano, giorno dopo giorno. Sta arrivando il primo freddo, temperature rigide e difficili da sopportare per chi arriva da terre climaticamente più calde. Seppur il tempo stia peggiorando, e il mare sia sempre più mosso e pericoloso, continuano ad arrivare persone dal Mediterraneo – quelle che riescono ad arrivare e di cui noi siamo a conoscenza –, e tutte sono vulnerabili e bisognose. Servono dunque beni di prima necessità, in particolar modo vestiti: pantaloni, maglie, scarpe, cappelli, sciarpe e guanti. Insomma, indumenti pesanti utili alle persone che sono ospitate all’interno del Centro di accoglienza».

Le informazioni su come inviare aiuti si possono chiedere telefonando o scrivendo a Mediterranean Hope – Lampedusa: mh.lampedusa@gmail.com +39 334 7656214

Immagine: Di MarcoCrupi – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6026819