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Stati Uniti, alle elezioni gli evangelici non hanno ancora scelto

Mancano meno di 24 ore al voto negli Stati Uniti che consegnerà le sorti del Paese e del mondo nelle mani del candidato repubblicano Donald Trump oppure in quelle della candidata democratica Hillary Clinton. Nei mesi scorsi abbiamo parlato spesso dell’influenza del mondo evangelico sulle elezioni (per esempio qui, qui, oppure qui). Continuiamo il ragionamento con Luca Pilone dell’Ufficio beni culturali della Tavola valdese ed esperto di emigrazione valdese negli Stati Uniti.

È possibile capire come sarà orientato il voto evangelico?

«Va detto che le elezioni di quest’anno sono molto polarizzate, e la galassia evangelica sembra molto indecisa. Questo vale sia per le chiese di tradizione storica, sia per quelle evangelicali.

Alcuni istituzioni, come Lifeway research, hanno realizzato interviste con pastori evangelici chiedendo quale fosse il candidato preferito: bene, oltre il 40% del campione ha dichiarato di non avere ancora un’idea, e teniamo conto che i dati sono aggiornati a meno di una settimana fa».

Qualche tempo fa sembrava che gli evangelici fossero orientati verso Trump. Un dato che è cambiato?

«Credo che la situazione sia ancora in divenire. C’è un grande blocco conservatore tra gli evangelici che ha dichiarato di voler votare contro Clinton, e questo è un elemento interessante: si vota per un candidato non tanto perché si crede nelle sue idee, quanto per non avvantaggiare l’altro. Dall’altra parte, invece, il protestantesimo storico sembra più vicino alle posizioni di Clinton. I sondaggi delle scorse settimane lo confermano: molti protestanti voterebbero Trump non per la sua visione di un’America futura, ma per impedire a Clinton di governare, e lo stesso discorso viene fatto all’opposto».

Nel 2012 la questione religiosa ebbe grande rilevanza nella campagna elettorale repubblicana. Si può dire lo stesso anche quest’anno?

«No, queste elezioni non sono state centrate molto sulla tematica religiosa, sebbene Trump abbia provato una mossa particolare, scegliendo il governatore dell’Indiana, Mike Pence, come suo vice. Pence è conosciuto negli ambienti evangelici e soprattutto evangelicali ed è stato un personaggio controverso: nel suo Stato ha sostenuto e fatto passare una legge secondo cui è possibile utilizzare la propria libertà religiosa come mezzo all’interno di una causa giudiziaria. Questo ci dà il polso di cosa vuole cogliere Trump, non tanto nelle chiese storiche ma più in quelle conservatrici».

Potrebbe riuscire in questo intento?

«Pochi giorni fa, Trump è stato intervistato in una televisione evangelicale insieme a sua moglie Melania e ha dichiarato che se tutti i pentecostali, gli avventisti e i born again votassero per lui, avrebbe le elezioni in tasca. Trump fa riferimento a un elettorato che fa del “no” una bandiera, soprattutto nei confronti del diverso: “no” allo straniero, “no” a un credo differente e così via. Non c’è una politica dell’apertura, ma una difesa di valori della propria identità. È paradossale per la storia degli Stati Uniti, nati e cresciuti grazie al meticciato. Trump ha puntato molto sulla pancia delle persone, una strategia che potrebbe rivelarsi vincente».

Immagine: via flickr.com