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Summit Onu sulla crisi migratoria

Lunedì 19 settembre, presso la sede delle Nazioni Unite (New York), si è tenuto il summit dedicato, in apertura dei lavori dell’Assemblea generale dell’Onu, alla crisi migratoria globale. Il vertice è stato voluto dal presidente dell’Assemblea generale, il sudcoreano Ban Ki Moon, che concluderà il suo mandato il 31 dicembre 2016, con l’obiettivo di migliorare il coordinamento e la cooperazione tra gli Stati nell’affrontare la crisi migratoria, e di rafforzare un approccio fondato sulla tutela degli individui. Capi di stato e di governo provenienti da tutte le regioni del mondo, così come osservatori internazionali, hanno lavorato per definire un approccio più coordinato alla crescente crisi di rifugiati in tutto il mondo.

In occasione del summit, la Commissione delle chiese per i migranti in Europa (Ccme), insieme ad Act Alliance, il Consiglio ecumenico delle Chiese, e Churches Witnessing with migrants, hanno prodotto una dichiarazione congiunta che chiede risultati concreti. Le chiese in Europa, da anni impegnate a dare una risposta concreta alla crisi dei rifugiati, hanno invitato i leader mondiali ad affrontare le cause profonde dei movimenti forzati su larga scala, a promuovere uno sviluppo sostenibile ed equo, e a riaffermare le leggi internazionali sui diritti umani esistenti.

«La nostra speranza è che gli Stati rinnovino il loro impegno a dare una risposta alla crisi dei rifugiati e accettino di condividere la responsabilità internazionale per la protezione dei rifugiati. Affrontare le cause alla radice richiede la risoluzione dei conflitti attuali crudeli e un lavoro che tenda alla giustizia e alla pace. Allo stesso tempo, i paesi che ospitano la maggior parte dei rifugiati devono essere assistiti, e un numero maggiore di rifugiati devono essere ricollocati», ha sottolineato Doris Peschke, segretaria generale della Commissione delle Chiese per i migranti in Europa (Ccme). «L’impegno verso un quadro di migrazione più internazionale, che sarà elaborato nei prossimi due anni, deve essere basato sui diritti umani dei migranti e sulla diminuzione delle vulnerabilità».

Al momento i risultati del summit appaiono deludenti: non si è raggiunta una dichiarazione comune di intenti, ma è stato partorito un documento, dal titolo la Dichiarazione di New York, non vincolante, con principi e impegni da cui partire per ottenere, entro il 2018, la firma di un Global Compact, un trattato che indichi come affrontare la crisi migratoria.

Una risposta concreta e condivisa sulla gestione di circa 65,3 milioni di sfollati appare ancora lontana.

Immagine: via istockphoto.com