2016-08-22_21

Fine pena, mai?

«Negli ultimi anni una serie di pronunciamenti sono giunti dalle nostre chiese, anche a livello ecumenico. La Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) si è espressa chiaramente a favore dell’abolizione dell’ergastolo come pena detentiva», dice Francesco Sciotto, pastore valdese e membro della Commissione carceri delle Fcei, intervistato a margine dei lavori del Sinodo delle chiese metodiste e valdesi e conclusosi lo scorso 26 agosto a Torre Pellice (To).

«Altre chiese locali – prosegue Sciotto –, ad esempio le chiese valdesi e battiste di Firenze, hanno promosso in passato una giornata ecumenica di preghiera contro l’ergastolo per far emergere il tema carceri come argomento importante di discussione per tutte le chiese sparse sul territorio italiano. Il lavoro di questi anni ha certamente favorito il recente pronunciamento sinodale, il luogo più alto di discussione delle nostre chiese, che di fatto invita tutti i membri di chiesa a riflettere sul tema. Il Sinodo ha poi deciso, attraverso un ordine del giorno e grazie alle sinergie con la Fondazione del Centro culturale valdese e la segreteria del Corpo pastorale, che nel 2017 si dedichi la consueta Giornata di studi Giovani Miegge al tema carceri. Come minoranze, in passato, abbiamo subito carcerazioni e repressioni; il desiderio è dunque quello, partendo dal passato, di attualizzare la discussione sul senso della pena – anche nella sua visione più violenta del carcere a vita. L’anno prossimo, prima del previsto pronunciamento sinodale si è deciso di riflettere insieme mettendo a confronto esperti, pastori e operatori sociali e culturali».

Non era mai accaduto che il Sinodo si esprimesse sul tema della giornata Miegge, addirittura con un ordine del giorno. È così?

«In effetti è la prima volta che il Sinodo si esprime con una indicazione e così chiara. Il Sinodo, così facendo, ha voluto indicare temi cari come la grazia, la pena e la penitenza; non credo sia casuale in vista del Cinquecentenario della Riforma protestante. Credo sia il modo più serio richiamare temi importanti per la Riforma protestante e che riguardano tutti noi, particolarmente in tempi di grande confusione internazionale e difficoltà umane. È un modo per mettere in evidenza e illuminare la vita di coloro che sono considerati gli ultimi, gli invisibili».

Perché scegliere la Giornata Miegge, solitamente dal sapore teologico?

«Proprio per questo motivo. La Giornata Miegge è il luogo più alto di discussione teologica, storica e pastorale da sempre legato agli eventi sinodali. Dunque è la Giornata di studi per eccellenza. È interessante constatare che il Sinodo, ad ampia maggioranza, ha dimostrato di avere a cuore la questione carceri scegliendo quella Giornata. È evidente che questo dev’essere il tempo di della riflessione e poi dell’azione».

Lei è membro della Commissione carceri delle Fcei e ha avuto modo di monitorare il fenomeno e visitare molte carceri. Qual è il suo bilancio?

«Il nostro gruppo di lavoro si occupa in modo particolare di curare la formazione dei ministri di culto che intendono avvicinarsi al servizio pastorale all’interno delle carceri, ma anche di aggiornare chi già vi opera. Siamo, inevitabilmente, una sorta di “osservatorio” della situazione carceraria italiana. Molti ministri di culto hanno spesso occasione di incontrare detenuti che vivono in regimi carcerari molto restrittivi come il 41bis; in Italia vi è un problema legato al carcere ostativo, ossia, molte persone essendo state condannate al carcere a vita, spesso per reati legati a fenomeni mafiosi, non hanno alcuna visione prospettica per la prevista negazione di soluzioni riabilitative. Dunque la condizione del carcere ostativo rende impossibile qualsiasi prospettiva e speranze per coloro che rientrano nel 41bis. Crediamo che uno Stato come il nostro debba cercare di coniugare sempre le esigenze di sicurezza rispondendo al dettato costituzionale che prevede la pena riabilitativa e rieducativa».

Oltre alle carceri molti problemi detentivi sono riscontrabili in centri di raccolta e identificazione per rifugiati e richiedenti asilo. Avete pensato di affrontare anche questo tema?

«In Italia molte persone vivono la situazione di detenzione amministrativa. Parola che suona all’orecchio sin troppo bene rispetto al suo reale significato. Le carceri italiane, anche nella loro peggior degenerazione, sono Istituti della nostra Repubblica e dunque garantiti e gestiti attraverso norme e leggi. I Centri a cui lei fa riferimento sono invece dei “non luoghi” dove sovente e in maniera illegittima si affrontano e gestiscono le migrazioni trattenendo le persone senza alcun motivo. Negli “hotspot” sono condotti anche minori non accompagnati e trattenuti spesso oltre le 72 ore previste; solo poche organizzazioni, come l’Unhcr, hanno la possibilità di entrarvi e informare su quanto vi accade all’interno. Non c’è dunque nessun tipo di garanzia costituzionale per le persone – molte di esse in situazione di vulnerabilità – trattenute all’interno di questi centri».

Lei ha ricordato più volte il ruolo rieducativo e necessario delle carceri italiane, proprio come prevede la Costituzione italiana. Quali sono invece le vostre proposte?

«Abbiamo riflettuto molto soprattutto a livello locale su quali proposte fare. Proprio dalla nostra discussione è nato il documento, ecumenico, contro l’ergastolo. L’altro appuntamento importante sarà la Giornata di studi Miegge; siamo convinti che la via sia quella della giustizia riparativa e delle misure alternative ma credo che solo dopo la nostra riflessione pre-sinodale saremo poi in grado di dire la nostra parola definitiva. La fase attuale quella dell’osservazione e dell’impegno a livello nazionale con chi già da tempo si occupa in questa difficile materia; stiamo cercando di far crescere la già esistente rete – oltre a quella laica – solidale e di impegno».

Immagine di Pietro Romeo