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Solidarietà e salute con la Cevaa

Continua il progetto Solidarieté Santé della Cevaa (Comunità di chiese in missione) e Tavola valdese, sostenuto con i fondi dell’Otto per mille valdese. Un progetto che vuole migliorare ed emancipare le diverse strutture ospedaliere gestite dalle chiese dalla Cevaa potenziando le risorse materiali, umane e finanziarie e lo scambio di competenze. Nel progetto sono coinvolti dieci ospedali di differenti paesi africani: l’ospedale protestante di Garoua-Boulai, l’Emilie Sacker e l’ospedale di Ndoungué, tutti e tre in Camerun, la clinica Dan Moser in Ghana, ma anche l’ospedale Mbereshi in Zambia, quello di Kirinda in Rwanda, l’ospedale Bethesda in Togo, lo Scott Memorial Hospital in Lesotho, l’Hopital méthodiste di Dabou in Costa d’Avorio e la policlinica Bon Samaritain in Benin.

Dopo un lavoro di oltre dieci mesi di formazione e accompagnamento dei responsabili delle strutture perché ripensassero ai propri obiettivi e alle strategie di azione per un concreto ammodernamento, il Comitato Tecnico Operativo, riunitosi a Porto–Novo in Benin dal 11 al 13 luglio, ha valutato i progetti proposti dai singoli ospedali per presentarli al Comité de Pilotage, composto dal Moderatore della Tavola valdese, dalla responsabile dell’Ufficio Otto per mille, dalla presidenza e il segretariato della Cevaa. Il rafforzamento dell’opera dei vari ospedali passa da un’attenta analisi della gestione delle risorse materiali, umane e finanziarie, nonché da una seria valutazione: durante l’incontro, infatti, i membri del comitato hanno visitato l’ospedale Bon Samaritain di Porto Novo, dando le proprie impressioni e confrontando il progetto della struttura con il contesto effettivo.

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L’ospedale Bon Samaritain di Porto Novo

Il progetto Solidarité Santé, la prima esperienza di appoggio alle opere sanitarie delle chiese con un progetto federale cosi grande, non mette in campo soltanto i fondi – necessari per esempio per la costruzione di un padiglione per la donne incinte, l’approvvigionamento di medicinali, l’acquisto di gruppi elettrogeni per far fronte ai frequenti tagli di corrente o la formazione dei chirurghi – ma mette a sistema un modello condiviso che possa permettere agli ospedali di offrire una maggiore qualità, aumentare l’offerta e le competenze, così come le possibilità di autosostenersi in contesti dove la sanità è completamente a carico dei malati e dove la mancanza di risorse fa la differenza tra curarsi o no.

Immagini: Matteo De Fazio/Radio Beckwith Evangelica