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A Trondheim si è riunito il Comitato centrale del Cec

Il Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) si è riunito ieri mattina, 22 giugno, nella città di Trondheim in Norvegia. Il Comitato centrale è l’organo di governo che si riunisce una volta ogni due anni ed è composto da 150 rappresentanti eletti dalle 345 chiese membro. I lavori proseguiranno fino al 28 giugno.

L’attuale Comitato è stato eletto in occasione della decima Assemblea del Cec avvenuta nel 2013, a Busan, Repubblica di Corea.

Il Cec è la più vasta e diversificata delle organizzazioni del movimento ecumenico moderno al cui interno figurano la maggior parte delle chiese ortodosse, numerose chiese protestanti storiche (anglicane, battiste, luterane, metodiste, riformate), e diverse chiese indipendenti: una «comunione di chiese» riunite per promuovere il dialogo e la riconciliazione fra le diverse tradizioni cristiane.

I fondatori provengono principalmente dall’Europa e dal Nord America, ma oggi la maggior parte dei membri si trova in Africa, Asia, Caraibi, America Latina, Medio oriente e Oceania. Fra le tradizioni cristiane che non fanno parte del Cec, ci sono la chiesa cattolica, la chiesa avventista e l’Esercito della salvezza che però sono membri di varie organizzazioni ecumeniche e regionali.

I lavori a Trondheim sono stati aperti con il saluto e la relazione di Agnes Abuom, moderatrice del Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) e dal segretario generale Olav Fykse Tveit ed in seguito si è dato ascolto alla relazione preparata del Comitato Esecutivo sugli sviluppi dei programmi del Cec e il bilancio.

La moderatora Abuom ha voluto sottolineare il ruolo storico di Trondheim come un luogo di pellegrinaggio, nella città norvegese è presente infatti la Cattedrale di Nidaros, luogo fortemente spirituale e meta del «pellegrinaggio della giustizia e della pace» promosso proprio dal Cec.

Abuom ha invitato tutte le chiese «ad essere catalizzatori di cambiamento in un mondo in rapida evoluzione e sempre più pluralista»; e ha ricordato che «il pellegrinaggio offre immense possibilità per re-immaginare noi stessi come un movimento di Dio; persone in missione: aperte e inclusive, agili e ricettive ai suggerimenti dello Spirito».

L’obiettivo di ogni cristiano dev’essere quello di non permettere mai che vi possa essere «una giustizia di parte e negativamente sbilanciata verso le vittime» ma, prosegue ancora Abuom, di impegnarsi per la giustizia di «emarginati, discriminati, disprezzati, abusati e i violati, imprigionati e i torturati, sfollati e impoveriti».

Abuom ha infine ricordato al Comitato centrale che la chiesa è un movimento fatto da persone, dunque un movimento popolare e che il pellegrinaggio della Giustizia e della Pace si impegna a proseguire il suo cammino insieme a persone di altre fedi e agli uomini e le donne di buona volontà.

«Una comunione di speranza» è stata definita dal segretario generale Olav Fykse Tveit, descrivendola come una chiesa in pellegrinaggio che deve saper vedere: «al di là di ciò che vediamo e in cerca di qualcosa di più, di diverso, in cerca di giustizia e di pace. La speranza – ha concluso Tveit – è il criterio della nostra fede cristiana, per questo motivo abbiamo creato una rete di “iniziative di pace”».

Immagine: via http://www.oikoumene.org/