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Chiese della Riforma: qualche motivo di pentimento c’è

Marco Rostan, nell’opinione espressa ieri su Riforma online («Pentirsi della Riforma perché ha diviso la cristianità?»), parte da una frase attribuita redazionalmente al segretario generale della Comunione mondiale delle chiese riformate (WCRC)  – «esprimere un pentimento, come protestanti, per l’avvenuta divisione all’interno della cristianità, non voluta dai riformatori, ma comunque verificatasi storicamente» –  durante la conferenza stampa successiva alla visita al papa del 10 giugno scorso per far intendere che sarebbe stata detta di fronte al papa e invocando perciò la necessità di non tradire la tradizionale schiettezza protestante: “Se una volta tanto una delegazione protestante in Vaticano dicesse a papa Francesco le cose in modo schietto, ci farebbe piacere”.

Essendo stato presente a entrambi gli eventi, smentisco che si sia fatta la dichiarazione incriminata durante l’incontro col papa e che la delegazione della Comunione mondiale delle chiese riformate non abbia avuto un atteggiamento più che chiaro e schietto, protestante, anzi, riformato. 

Per quanto riguarda la frase sintetizzata nel comunicato stampa (Ferguson ha parlato in inglese e argomentando per vari minuti su questo e altri temi), è difficile negare che proprio non ci sia nulla di cui pentirsi del periodo più caldo della riforma e in quello successivo: dalle feroci divisioni e scomuniche interne ai riformati alle persecuzioni degli anabattisti, solo per citarne due. A cose di questo tipo si riferiva Ferguson e non a una liquidazione a prezzi scontati dell’eredità storica e teologica della Riforma, come paventa Marco Rostan.  

Spiace che si sia voluto strumentalizzare una frase che, in un comunicato stampa, traduceva e sintetizzava un ragionamento più ampio e molto serio per la coscienza cristiana, per sollevare una polemica che, forse, può essere rivolta ad altri ma non a chi è stato presente a quegli incontri.