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Bandire le armi nucleari

Nell’alveo delle Nazioni Unite, all’interno del gruppo di lavoro ad hoc che l’Assemblea Generale ha istituito sulle armi nucleari, in questi giorni diplomatici e società civile si stanno confrontando sulla denuclearizzazione dei rapporti tra le nazioni del mondo. A prendere parte a un forum che nell’arco del 2016 si riunirà altre due volte non sono soltanto i rappresentanti dei diversi paesi, ma più di cento organizzazioni non governative, unite nel tentativo di giungere ad una conclusione sistemica, che bandisca la minaccia nucleare dall’arena internazionale. Tra le organizzazione che richiedono un’esplicita, legale messa al bando degli ordigni con cui nell’agosto del 1945 vennero rase al suolo Hiroshima e Nagasaki c’è il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), da tempo in prima linea in una testimonianza di pace che fatica a farsi largo nelle logiche della politica internazionale.

Vestendo gli insoliti panni dell’analista politico, il Segretario generale del Cec, pastore Olav Fykse Tveit ha di recente commentato l’apertura di questo nuovo tavolo di discussione: «La Storia recente insegna che negoziati aperti e in buona fede in materia di disarmo sono piuttosto rari; molti forum sono in stallo permanente, altri non sono mai cominciati. Questo nuovo gruppo di lavoro delle Nazioni Unite è un’opportunità per rompere questi schemi: è aperto a tutti, non prevede veti e ha come obiettivo il bene comune».

I paesi in grado di assemblare ordigni nucleari sono attualmente nove: Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Cina (i 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, vincitori della Seconda Guerra Mondiale), India, Pakistan, Israele e Corea del Nord. Come ha insegnato la Guerra Fredda, il disarmo non procede mai per iniziative unilaterali, ma deve essere portato avanti con il consenso dei diversi attori, un coordinamento che garantisca logiche altre rispetto a quella, potenzialmente distruttiva, della reciproca deterrenza. Partendo dal difficile e allarmante caso della Corea del Nord – un paese che nonostante sia sempre più scollegato dalla comunità internazionale ha avviato in anni recenti un proprio programma nucleare – i cinque membri permanenti delle Nazioni Unite avrebbero il peso specifico per intraprendere iniziative più incisive.

In vista del summit, i membri delle chiese e i partner ecumenici raccolti nell’Ecumenical Peace Advocacy Network hanno contattato i rappresentanti di 15 governi; in qualità di delegati ecumenici a New York seguono il dibattito Anthony Adebayo (Nigeria) e Stanley Noffsinger (Usa), entrambi membri della Commissione Affari Internazionali del Cec.

In una dichiarazione interreligiosa, il Cec si è unito a rappresentanti buddisti, musulmani e indù nella denuncia delle armi nucleari come «arma di distruzione di massa non ancora bandita». L’obiettivo del Cec e del gruppo di stati che sostengono la campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari è di ottenere nuovi negoziati entro il prossimo anno. Il gruppo di lavoro che dovrà presentare i propri risultati all’Assemblea Generale del’Onu ha da questa ricevuto mandato di esplorare «concrete ed effettive misure legali» per disegnare un mondo libero dall’incubo dell’autodistruzione umana.

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