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Abito troppo lungo, ingresso vietato a scuola

K. ha 16 anni ed è allieva del liceo Flora Tristan di Montereau-Fault-Yonne in Francia. Da circa un anno convertita all’islam, tutte le mattine prima di entrare nell’edificio scolastico toglie il velo che le cinge il capo, per evitare polemiche e strumentalizzazioni. Ciò non le ha evitato martedì scorso di venire bloccata all’ingresso vedendosi impedita la possibilità di seguire le lezioni. La motivazione? Il vestito nero intero è stato giudicato troppo lungo dalla Preside che lo ha ritenuto un simbolo di ostentazione religiosa.

La madre di K. fatica a comprendere le decisioni dei responsabili scolastici: «Mia figlia, cresciuta in famiglia cattolica, ha scelto di convertirsi all’islam. Ho sostenuto le sue scelte seppur non tutte condivise, come quella di portare il velo, che sempre toglie prima di entrare in aula. Gli abiti lunghi sono conseguenza non soltanto del suo credo, che viene vissuto con molta discrezione, ma anche da un difficile rapporto con il proprio corpo che la spingeva già in precedenza ad utilizzare abiti larghi e lunghi». Ma la preside non ha mutato opinione giudicando gli abiti lunghi indossati in un edificio pubblico «episodi non tollerabili che connotano una scelta religiosa che deve rimanere fuori da queste mura».

La legge , datata 2004, prevede che nelle scuole, nei collegi e nei licei pubblici siano vietati segni e abiti ostentatamente religiosi e sancisce che l’apertura di procedimenti disciplinari sia sempre preceduta da un dialogo con gli allievi interessati. Spinoso il tema di dove porre il confine fra segni considerati discreti e altri che invece sarebbero di disturbo ipotetico. E quindi avanti di sentenze, con giudici che normano di volta in volta la questione, ma sul vestito lungo ancora il Consiglio di Stato non si è mai ancora pronunciato. Vi sono stati nel corso del 2015 molti casi simili in Francia, favoriti per l’appunto dalla discrezionalità relativa a cosa sia simbolo religioso disturbante e cosa no.

In Italia i presidi hanno lanciato la crociata contro gli abiti troppo succinti degli studenti, mentre oltre confine il problema pare essere opposto, in nome della laicità, caposaldo irrinunciabile ma dai confini a volte sfuggenti.

Sdegnata la reazioni di molti studenti che sottolineano come la libertà individuale venga prima di qualsiasi altro ragionamento, e per esprimere vicinanza alla ragazza e a chi come lei ha vissuto vicende analoghe è stato creato l’immancabile hashtag #JePorteMaJupeCommeJeVeux, indosso l’abito come voglio io. Se fino a pochissimi anni fa l’abito troppo corto veniva indicato come segnale di ragazze un poco troppo leggere, ora nel 2016 l’abito lungo diventa segno religioso. E le povere ragazze pagano ancora una volta sulla pelle la meraviglia di essere soggetti liberi e pensanti.

Foto: By Vassil – Own work, CC0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=24300730