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Sia pace tra le due coree

A seguito di un incontro avvenuto a Shenyangin, in Cina, tra la Federazione dei cristiani (nord)coreani e il Consiglio nazionale delle chiese della Corea del Sud (era il 29 febbraio), il governo della Corea del Sud ha imposto multe e sanzioni ai propri delegati, membri del «Comitato di pace e riunificazione»: Noh Jungsun e i pastori Jeon Yongho, Cho Hungjung, Han Giyang, Shin Seungmin.

Appresa la notizia, il segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) pastore Olav Fykse Tveit ha indirizzato una lettera di protesta alla presidente della Corea del Sud Park Geun-hye. In apertura di missiva, il segretario ha rivendicato l’impegno trentennale del Cec nella promozione della pace, della riconciliazione e della riunificazione della penisola coreana – «Attraverso un impegno ecumenico nazionale, regionale e internazionale, il movimento ecumenico si propone di testimoniare la pace di Gesù Cristo e di rendere visibile l’unità della Chiesa in un mondo diviso e conflittuale» – e ha fatto esplicito riferimento alla recente escalation di tensioni nella regione – «è soprattutto in questo contesto che incontro e dialogo si rendono ancora più urgenti e necessari».

Venendo alle sanzioni inflitte ai membri del Consiglio nazionale delle chiese della Corea del Sud, Tveit non ha nascosto il proprio disappunto: «Noi riteniamo che penalizzare l’incontro e il dialogo tra i cristiani della Corea del Sud e della Corea del Nord non sia una misura né necessaria né funzionale a ridurre le tensioni e a promuovere la causa della pace; crediamo piuttosto che ottenga l’effetto contrario. Inoltre – prosegue il pastore – un simile provvedimento mina alla base le relazioni di lunga data tra le chiese della penisola coreana, un dialogo che il Cec cerca di incoraggiare da più di tre decenni».

In conclusione, Tveit ha chiesto al governo della Corea del Sud di revocare le sanzioni, e ha fatto appello alla presidente Park affinché «non chiuda i canali di comunicazione e di incontro, ma intensifichi piuttosto gli sforzi per promuovere il dialogo a tutti i livelli». Esprimendo la speranza che «il circolo vizioso delle minacce possa essere spezzato, per evitare che un giorno si oltrepassi il limite che porterebbe a un conflitto catastrofico» Tveit ha chiesto alla presidente Park di camminare «lontano da questo precipizio, verso la coesistenza pacifica e la sospensione dello stato di guerra».

Le religioni tutte sono da tempo impegnate nella faticosa opera di ricucitura tra le due Coree. Riuniti sotto l’egida della «Conferenza coreana delle religioni per la pace» (Kcrp), nel novembre scorso i leader delle sette principali religioni della Corea del Sud avevano reso visita ai fratelli e alla sorelle del Nord. Qualche giorno prima, rappresentanti del «Forum ecumenico per la Corea» – una creatura del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) – erano stati addirittura ammessi nella cattedrale di Changchun, uno dei pochi luoghi di culto cristiano presenti a Pyongyang. Come dimostra questo episodio, non sempre la politica e i governi delle due Coree vedono di buon occhio questi ponti di dialogo interreligioso.

Foto: By Korea.net / Korean Culture and Information Service (Photographer name), CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=31711411