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Le chiese della migrazione fioriscono a Ginevra

Una trentina di punti blu costellano la mappa web creata dal Cic, il Centro intercantonale sulle credenze e le religioni. I punti rappresentano le chiese evangelicali nate a Ginevra a partire dall’anno 2000. I dati raccolti, frutto di un censimento effettuato fra il 2012 e il 2014 offrono un’idea del vigore del rinnovamento cristiano apportato in questo cantone dai migranti giunti da ogni angolo del pianeta.

«E’ proprio la corrente evangelical la più rappresentata con circa una cinquantina di comunità religiose, contro ad esempio le 55 protestanti riformate» indica Brigitte Knobel, direttrice del Cic. Con ben 53 differenti lingue parlate durante i culti, Ginevra si candida ad essere la moderna torre di Babele della cristianità.

«Il pubblico che frequenta questi luoghi appartiene soprattutto alla classe medio-povera. Si tratta in particolare di migranti irregolari, che lavorano in abitazioni private o nell’assistenza alla persona. Provengono dall’Africa, dall’Asia e dall’America latina» commenta la pastora in emeritazione Roswitha Golder. Oltre a ciò Ginevra è inoltre città diplomatica, e molti dei funzionari delle varie organizzazioni internazionali frequentano la chiesa anglicana o quella luterana.

«Sono chiese che non hanno bisogno di un pastore vero e proprio, perché ad esempio le chiese pentecostali dipendono da un responsabile che si crede o è investito dal potere dello Spirito Santo. Conoscono la Bibbia a memoria e la loro interpretazione dei testi appare molto liberal» racconta Golder, pastora di origine bernese, che predica ancora una volta al mese in spagnolo nella chiesa evangelica metodista di Onex, paese alle porte di Ginevra. Dato il numero consistente di queste nuove chiese e l’elevato prezzo degli affitti uno dei problemi più seri è quello di trovare luoghi in cui riunirsi.

La pastora Golder stima in una cinquantina le sole congregazioni africane. Altri movimenti riuniscono un pubblico maggiormente composito: è il caso ad esempio dell’International Christian Fellowship, chiesa evangelica che propone i propri culti nel quartiere Les Grottes. «Lì si ascolta rock cristiano con la batteria al posto dell’organo. I canti sono assai partecipati e il messaggio del pastore passa in secondo piano rispetto all’importanza della musica, fonte di ispirazione per l’intera settimana» prosegue Golder.

Questa liturgia animata, che aggrega ogni settimana migliaia di credenti, riveste un qualche interesse per le denominazioni ufficiali? «Le differenti comunità si arricchiscono vicendevolmente» commenta il pastore Gabriel Amisi. Di origine africana, Amisi mantiene strette relazioni con le cosiddette chiese della migrazione, nel quadro di un preciso mandato ricevuto da parte della Chiesa protestante di Ginevra. Parte del suo pastorato viene quindi destinato ad azioni ecumeniche di dialogo, conoscenza, azioni comuni. Delle nuove confessioni evangelicali il pastore Amisi pensa che «alcune di queste riattivano antiche tradizioni, come ad esempio l’imposizione delle mani. Si tratta di un ritorno alle fonti bibliche, elemento che potrebbe interpellare anche noi. Penso poi ai tanti giovani che forse non si ritrovano nella musica di sola voce e organo. Il messaggio va forse adattato ai tempi. Nel mio paese natale, il Congo, il culto vibra sotto i colpi del tam-tam »

Traduzione: Claudio Geymonat da protestinfo.ch

Foto By Viktar PalstsiukOwn work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=27736272