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Semper reformanda

«Ecclesia reformata semper reformanda» è una delle formule classiche del protestantesimo secondo cui la riforma della chiesa non è un dato acquisito una volta per sempre, ma consiste in un processo costante di verifica della propria vocazione e fedeltà all’evangelo. Ed è proprio rifacendosi a questo principio che la chiesa metodista di Bologna ha dato il via ad un percorso di «riforma comunitaria». Una riflessione sul proprio essere chiesa e sulla propria testimonianza evangelica che, spiega il pastore Michel Charbonnier, «nasce da una fatica generalizzata nella gestione dell’ordinaria amministrazione comunitaria, e il bisogno di vivere la chiesa in modo diverso, un bisogno che fino ad oggi non eravamo stati in grado di verbalizzare».

Invece lo scorso 20 settembre un incontro comunitario ha aiutato la chiesa a fare chiarezza su se stessa, «o almeno sui problemi che intendiamo affrontare – precisa Charbonnier –. Il percorso è infatti solo agli inizi, ma intanto ci siamo messi in cammino». Radicarsi maggiormente nella Parola di Dio per poterla vivere nell’esistenza quotidiana, rendere più significative e profonde le relazioni tra fratelli e sorelle in fede, creare spazi di dialogo tra generazioni e culture diverse, rappresentate da un significativo gruppo di metodisti africani presente nella comunità – sono alcuni degli elementi emersi dall’incontro e condensati in un documento presentato all’Assemblea di chiesa dello scorso 11 ottobre come testo guida per il «gruppo di continuazione» che ha il compito di dare forma concreta al processo di riforma comunitaria. «Sappiamo dove vogliamo andare ma ancora non ci sono chiari i modi per arrivarci», sintetizza il pastore Charbonnier, descrivendo così il compito del gruppo che intende essere aperto al contributo di tutti e tutte, a cominciare dalla partecipazione alle sue riunioni. «Una chiesa sana – si legge nel documento di intenti – è una chiesa toccata dalla presenza di Dio… con l’attenzione rivolta al mondo… in ricerca costante della vocazione che Dio le rivolge». È inoltre una chiesa che opera come una comunità, fa spazio a tutti e a tutte; è consapevole delle sue proprie energie e potenzialità e quindi «fa alcune poche cose, ma le fa bene».

Questo percorso, com’è da aspettarsi in una chiesa evangelica, parte dal confronto con la Parola. È infatti iniziata una serie di predicazioni domenicali a cui seguiranno nella settimana degli studi biblici che intendono rendere più vicino il testo biblico alla vita quotidiana, alla possibilità di vivere la Parola nella vita concreta di ogni giorno. È anche un esperimento per capire come rendere più efficaci e più partecipi i momenti di studio comunitario. A partire, per esempio, dall’avere dei gruppi di studio e vita comunitaria più piccoli e più distribuiti sul territorio, in modo da facilitare la conoscenza, lo scambio e la partecipazione attiva. «Uno dei problemi che abbiamo individuato è quello della delega che deresponsabilizza e allo stesso tempo tiene ai margini molte persone che invece potrebbero mettere a disposizione di tutta la chiesa i loro doni – ha aggiunto Charbonnier –. Per questo abbiamo deciso di lasciare al consiglio di chiesa le incombenze di carattere amministrativo e gestionale della chiesa, scegliendo invece di lasciare la riflessione e le decisioni operative riguardanti il processo di riforma comunitaria ad un gruppo il più ampio possibile – idealmente, tutta la comunità». Un cammino ancora tutto da percorrere, alla luce della Parola e del servizio nella città di Bologna.