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Un protagonista severo della politica europea

Con la morte di Helmut Schmidt scompare un protagonista della scena politica europea, uno dei cancellieri che con la sua azione di governo ha maggiormente contribuito a rafforzare il ruolo della Germania nel contesto europeo e mondiale. Schmidt arriva al potere nel 1974 e lascia la sua carica otto anni dopo, in un contesto politico ormai radicalmente cambiato: sulla scena si profila infatti il declino della Spd e, più in generale, della socialdemocrazia europea mentre, proprio in Germania, si pongono le premesse per una lunga stagione «centrista» – interrotta soltanto dai sette anni al governo di Gerhard Schröder tra il 1998 e il 2005 – interpretata da Helmut Kohl prima e Angela Merkel dopo.

Schmidt arriva al potere improvvisamente, a seguito del ritiro dalla scena politica di Willy Brandt: l’anima sociale del partito, l’uomo della Ostpolitik e dei gesti clamorosi come quando nel 1970, a Varsavia, si inginocchiò di fronte al monumento che ricorda la distruzione del ghetto ebraico. Schmidt era uomo d’altra pasta: per natura e formazione riflessivo e misurato, diffidente dei gesti eclatanti, proteso verso il suo obiettivo politico e quindi poco incline a farsi condizionare dai movimenti popolari.

Egli fu uomo di svolte importanti come la liquidazione della Ostpolitik per sviluppare, invece, una politica di netta contrapposizione al blocco dei paesi egemonizzati dall’Urss. Fu in questo quadro che, non senza suscitare imbarazzi e tensioni nel suo stesso partito, Schmidt fu tra i più convinti fautori del riarmo nucleare di medio raggio per rispondere alla minaccia degli SS-20 sovietici. Furono anni di grandi fibrillazioni nella Spd così come in tutta la Germania, dove sorse uno dei più forti movimenti pacifisti di tutta Europa. Ma il Cancelliere andò avanti per la sua strada e, forse al di là della sua stessa intenzione, divenne il simbolo dell’Europa della fermezza atlantica e della competizione nucleare nei confronti di un blocco socialista che, mentre investiva in armi, lasciava vuote le dispense di milioni di cittadini dell’Est. Realpolitik.

Vinta quella battaglia, Schmidt perse però la guerra: la lacerazione della Spd, i negoziati per il disarmo nucleare e quindi la cancellazione dei programmi di missili nucleari a medio raggio, l’ondata neo-conservatrice che si affermava nel Regno Unito e negli Usa determinarono una svolta epocale della politica tedesca. E così il cancelliere controllato e severo, che amava la musica classica ed era pronto allo scontro con i suoi stessi compagni di partito, fu sconfitto da una nuova coalizione a guida democristiana. Quella svolta, di cui egli fu al tempo stesso artefice e vittima, non era temporanea ma – come dimostra la permanente crisi del socialismo europeo – di lungo periodo. Tra le ultime, provocatorie dichiarazioni di Schmidt vi è stato il rimprovero rivolto alla Cancelliera di imporre la centralità tedesca alla Unione Europea. Detto da un convinto europeista quale egli fu, appare un monito giustificato. Ma se la Germania oggi ha questo ruolo, il vecchio Cancelliere, scomparso a 96 anni, ha le sue importanti responsabilità.

Foto “Schmidt 01“. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.