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«Noi abbiamo inflitto infinite sofferenze a molti popoli»

La seconda guerra mondiale era finita da un pugno di giorni quel 19 ottobre 1945. Le bombe su Hiroshima e Nagasaki erano cadute ad agosto con il loro carico di morte e sconcertante rivelazione sulle potenzialità distruttive future. La guerra in Europa si era conclusa a maggio con la caduta di Berlino, anche se il destino del nazionalsocialismo era segnato da tempo, tanto che le potenze vincenti già da due anni si incontravano in maniera più o meno segreta per stabilire i futuri scenari geopolitici, le future spartizioni.

Quel 19 ottobre di settant’anni fa la Chiesa evangelica in Germania, su pressante invito delle chiese protestanti mondiali, pronunciò il suo mea culpa attraverso la “Dichiarazione di colpa di Stoccarda” , la “Stuttgarter Schulderklärung”, riconoscendo di fronte a Dio e al mondo la propria corresponsabilità negli orrori perpetrati da Hitler e dai suoi sodali in 12 anni di governo.

«Noi abbiamo inflitto infinite sofferenze a molti popoli e a molte nazioni. Riconosciamo di non aver confessato con sufficiente coraggio la nostra fede, di non aver pregato con sufficiente fiducia, di non aver creduto con la necessaria gioia e di non aver amato con il necessario ardore». Parole forti ma generiche, tant’è che fra le stesse file protestanti diversi pastori e credenti, e fra questi Karl Barth, (che sarà fra i redattori di una seconda dichiarazione, detta di Darmstadt nel 1947) ne criticarono l’impianto non capace di avviare una reale riflessione sulle complicità, sui silenzi e addirittura sull’appoggio diretto agli orrori che il mondo imparerà a conoscere di lì a poco. Del resto in seno alla stessa comunità evangelica tedesca rimaneva ampiamente maggioritaria la componente pastorale che fin dai primi mesi successivi alla presa del potere di Adolf Hitler ne aveva appoggiato l’operato riconoscendo nel cancelliere un’emanazione del disegno divino: «Come per ogni popolo, anche per il nostro l’Eterno ha creato una legge conforme alla specie che ha preso aspetto nel Führer Adolf Hitler e nello stato nazionalsocialista da lui formato….noi professiamo un credo cristiano rispondente allo spirito tedesco», così professava la confessione di fede dei cristiani tedeschi guidati dal “vescovo del Reich” Ludwig Muller nel 1934 . La permeante presa di potere riempì ogni spazio nella vita pubblica e privata dei tedeschi, e la chiesa non fu un’eccezione, prona di fronte al bastone nazista.

Già dagli albori era però chiaro a chi aveva occhi per vedere quali fossero le trame e i fini del governo della croce uncinata: nel maggio dello stesso 1934 un gruppo di pastori tramite la dichiarazione di Barmen si coalizzò come Chiesa confessante per prendere le distanze dalle connivenze della Chiesa evangelica. Fra loro Barth, che pure ne criticava l’azione poco efficace contro il nazionalsocialismo, Martin Niemoller, l’autore della celebre poesia “Prima vennero a prendere” che nasce da un suo sermone di denuncia dell’apatia degli intellettuali tedeschi di fronte ai crimini quotidiani, Heinrich Gruber e Helene Jacobs, Dietrich Bonhoeffer e Franz Kaufmann e altri ancora. Una minoranza in seno alla comunità protestante.

La Dichiarazione di Stoccarda, seppur zoppa e imperfetta, ebbe comunque un ruolo decisivo nel processo di riavvicinamento della Germania al mondo, e nella pacificazione sociale interna alla nascente nazione tedesca.  

Foto “Timbre Allemagne 1992 Martin Niemoller obl“. Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons.