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Il tempo per pensare

Anche la California, quinto stato americano dopo Oregon, Vermont, Washington e Montana, ha approvato una legge che consente, a certe condizioni, il suicidio assistito. A dare il via libera alla decisione è stato il governatore Jerry Brown, cattolico praticante ed ex seminarista. La notizia è stata riportata dai media italiani ma non ha fatto discutere granché sui nostri lidi. La riprendo perché, al di là del tema assai controverso (personalmente sono contrario al suicidio assistito), mi ha molto colpito il travaglio di coscienza del governatore Brown: i giornali hanno scritto che, prima di sottoscrivere il provvedimento, il politico cattolico si è preso una lunga pausa di silenzio per una profonda e accurata riflessione. Al termine della quale ha spiegato pubblicamente i motivi che lo hanno spinto a dire sì: “Non so cosa farei io in caso di prolungata e dolorosa agonia”, ha detto Brown. “Sono sicuro tuttavia che sarebbe un conforto poter considerare tra le opzioni quella contemplata in questo testo. E non vorrei negare a nessuno quel diritto”. Indipendentemente dalle valutazioni nel merito della legge, su cui si può essere d’accordo o meno, le parole di Brown mi sono apparse estremamente umane, toccanti. E sincero deve essere stato il tormento personale e religioso che ha dovuto affrontare.

Non altrettanto sincero, e anzi decisamente isterico, mi è apparso invece il dibattito che si è scatenato, qui da noi, intorno al “coming out” di monsignor Charamsa, il teologo polacco con un incarico in Vaticano che, alla vigilia del Sinodo dei vescovi cattolici sulla famiglia, ha deciso di rivelare alla stampa la sua relazione sentimentale omosessuale, fino ad allora rimasta segreta, esponendo se stesso e il suo compagno ai flash dei fotografi.

Posto che l’ipocrisia della dissimulazione è un peso inumano che fa male alle persone, e dunque ogni occasione per liberarsene dovrebbe essere salutato come benvenuto, fa sorgere qualche dubbio sia il modo che il timing che hanno dato il via alla vicenda. Ma se lo stile con cui Charamsa ha scelto di imboccare la sua uscita di sicurezza mi ha fatto sollevare un sopracciglio, mi si è proprio accapponata la pelle a leggere sulla stampa e sui social media tanti commenti scentrati, privi non dico di competenza e informazione, ma anche solo di delicatezza umana e religiosa. Anche da parte credenti non cattolici ho letto talune riflessioni sballate. Una ad esempio alludeva al fatto che, se il monsignore voleva vivere alla luce del sole la sua relazione omosessuale, poteva cambiare Chiesa, passando al mondo protestante. Leggendo queste righe sono saltato sulla sedia: siamo davvero così in basso nella coscienza ecumenica? Ci consideriamo così poco fratelli in Cristo da cercare di sfruttare ogni occasione per farci lo sgambetto a vicenda, e magari strapparci i fedeli, come fossimo bottegai che si contendono i clienti?

Spero e credo di no: siamo molto meglio di quello che è uscito in questi giorni su facebook. E se, prima di scrivere un post a capocchia, ci si prendesse un’oncia di tempo di silenzio per riflettere seriamente – come ha fatto il governatore Brown – anche il nostro mondo digitale sarebbe migliore.

Foto: “Jerry Brown 2” by Neon Tommy – originally posted to Flickr as Jerry Brown. Licensed under CC BY-SA 2.0 via Wikimedia Commons.