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Yeb Saño: L’ ABC (DEF) del cambiamento climatico

E’ partito mercoledì da Roma il percorso italiano del “People’s Pilgrimage”, la marcia verso la Conferenza Onu sul clima (Cop21) di Parigi (30 novembre-11 dicembre 2015). Il pellegrinaggio – a cui ha aderito anche la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) – è partito dalle Filippine ad opera dell’attivista per la giustizia climatica Yeb Saño che ieri pomeriggio, a Roma, ha presentato l’iniziativa durante un incontro interreligioso tenutosi in piazza San Giovanni, davanti all’ingresso principale della basilica. A conclusione dell’incontro – a cui hanno partecipato esponenti cattolici, evangelici, musulmani, buddisti, hare krisna – Saño ha risposto ad alcune nostre domande (l’intervista è a cura di Luca Baratto)

Come e quando è nato il People’s Pilgrimage?

Il pellegrinaggio ha tratto ispirazione da una marcia che, lo scorso anno nelle Filippine, ha visto un gruppo di persone percorrere oltre mille chilometri da Manila a Tacloban City, la città che nel 2013 è stata colpita dal ciclone Hayan, il più devastante di tutta la storia dell’umanità e l’esempio più eclatante degli effetti del cambiamento climatico. Da quell’esperienza è nata l’idea di un pellegrinaggio capace di coinvolgere molte più persone in tutto il mondo, per raggiungere la Conferenza delle parti (Cop21) sul cambiamento climatico, convocata dall’Onu a Parigi tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre di quest’anno. Non siamo l’unico pellegrinaggio che si dirige verso la capitale francese: insieme agli altri che sono partiti dalla Scandinavia, dalla Gran Bretagna, dalla Germania, vogliamo portare l’esperienza e la voce di tutti coloro che reclamano un accordo capace di affrontare quello che è “il” problema della nostra generazione e in base al quale le future generazioni ci giudicheranno.

Quali paesi avete fin qui visitato?

Siamo partiti dalle Filippine e ci siamo diretti, come prima tappa, nell’arcipelago delle isole Vanuatu nel Sud Pacifico, colpite dal ciclone Pam, il più devastante del 2015. Siamo poi stati in Australia, presso la barriera corallina, in India, dove abbiamo reso omaggio alla tradizione spirituale indù. Altri hanno percorso alcune zone dell’Africa, dell’America latina e settentrionale, in bicicletta o in carovana. Ora siamo a Roma e raggiungeremo Parigi attraverso l’Italia, la Svizzera e la Germania. La nostra ultima destinazione tuttavia non è la capitale francese ma il cuore e la mente delle persone per una autentica conversione ecologica.

A questo punto del pellegrinaggio, qual è il suo bilancio provvisorio?

Mi sento davvero grato per tutto quello che abbiamo ricevuto da così tante persone in tutto il mondo. Molti hanno pregato per la nostra incolumità, e sostenuto e rafforzato il messaggio che portiamo. Abbiamo incontrato tante storie e tanta umanità. L’incontro con le persone colpite dal tifone nelle isole Vanuatu è stato particolarmente forte: le loro sofferenze ci hanno toccato profondamente e la loro resilienza è stata fonte di ispirazione. Abbiamo incontrato chi vive sulla propria pelle gli effetti devastanti del cambiamento climatico, e questo ci rende più consapevoli di non poter accettare dalla Cop21 accordi al ribasso.

Ora siete arrivati in Europa, nel mondo ricco, i cui abitanti non hanno ancora sperimentato le conseguenze del cambiamento climatico. Cosa si aspetta?

Le nazioni europee possono certamente fare molto di più per migliorare la situazione del nostro pianeta. Vedo anche l’Europa come parte della soluzione, di ciò che si può fare. In Europa ci sono dei buoni modelli, delle buone pratiche che possono essere esportate altrove. Sono sicuro che anche le tappe europee saranno fonte di ispirazione per il nostro pellegrinaggio.

Cosa si aspetta dalla Cop21 di Parigi, quali sono le sue speranze?

Le mie più profonde aspettative sugli esiti della Conferenza di Parigi sono per un accordo che sappia sillabare almeno le prime sei lettere dell’alfabeto: ABCDEF. “A” per un’ambiziosa e adeguata risposta al cambiamento climatico. “B” è per “balanced”, un accordo equilibrato che tenga conto degli interessi di tutte le nazioni, specialmente quelle più povere. “C” è per “compelling”, un accordo che spinga i diversi paesi a fare di più e meglio. “D” è per un accordo durevole che non possa essere abbandonato da chi lo sottoscrive. “E” e “F” stanno per equo e giusto (fair). La soluzione dev’essere presa secondo un principio di giustizia: chi ha contribuito maggiormente a creare questa crisi deve fare di più, chi invece ne subisce gli effetti senza averli causati deve avere giustizia.

Foto: “NOAA two tornadoes” by NOAA Legacy Photo; OAR/ERL/Wave Propagation Laboratory – http://www.flickr.com/photos/noaaphotolib/5033178323/in/set-72157625053846454/. Licensed under Public Domain via Commons.