beirut-452164_1280

La fragile situazione in Libano

Proseguono e si intensificano in Libano le proteste iniziate a fine agosto a causa dei problemi nello smaltimento dei rifiuti. Proteste che sono presto diventate il simbolo di un malcontento più ampio della popolazione nei confronti del governo di unità nazionale. Al centro delle rivendicazioni anche la scarsità di elettricità e acqua, e sotto accusa finisce anche la corruzione del mondo politico. A Beirut le forze di sicurezza hanno picchiato i manifestanti, usato gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per contenere i manifestanti, cosa che ha contribuito ad alzare il livello di tensione. Luca Renda, direttore dell’Agenzia delle Nazioni Unite Undp, United Nation Development Program a Beirut ne ha parlato con noi.

Le proteste si sono organizzate – anche online – nel movimento #youstink, letteralmente «voi puzzate», che ha il suo nucleo in una costellazione di movimenti attivisti per i diritti umani e per le questioni ambientali che esistono da tempo, e per i quali il tema della gestione dei rifiuti è stato l’elemento aggregatore. La novità di questo movimento è che cerca di evitare l’identificazione religiosa o politica (in uno scacchiere sociale molto complesso sotto questi profili), e si presenta come un movimento di società civile. Le richieste della piazza riguardano le dimissioni del ministro, ma anche una serie di passi per la risoluzione del problema, come un inizio di cambiamenti più profondi.

In questo periodo la stabilità del Libano è essenziale, non solo per i libanesi. Anche per i profughi siriani e per tutta la regione, che probabilmente non sopporterebbe un’implosione del paese. Il Libano è il paese nel mondo che accoglie più rifugiati, un milione di profughi siriani su quattro milioni di libanesi, un quarto della popolazione.

L’Europa, con i suoi 500 milioni di abitanti è in crisi per l’arrivo di alcune centinaia di migliaia di profughi. I numeri e la gestione del fenomeno in Libano potrebbero servire come modello di solidarietà e di assistenza per il continente europeo.«Quello che accade non ha confronto nel mondo. Oggi il Libano fa notizia per le proteste, ma non abbastanza per quello che sta facendo per assistere i profughi siriani» dice Luca Renda.

A ottobre l’Undp ha firmato un protocollo di accordo con la Tavola Valdese, che grazie ai fondi dell’Otto per mille ha elargito un finanziamento particolare che si inserisce in contesti sociali libanesi che assistono i profughi siriani e la popolazione libanese. L’obiettivo mantenere la coesione sociale e entrare in una logica di prevenzione del conflitto e di potenziali tensioni tra le comunità. Certo è che, il Libano non potrà avere pace finché non ci sarà la pace in Siria.

Foto via Pixabay