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Il dibattito sulle centraline idroelettriche in Val Pellice

Nel corso degli anni sono state costruite più di dieci centraline idroelettriche sul Pellice e i suoi affluenti. Si tratta di derivazioni con lunghe tubazioni che alimentano piccole centrali, sottraendo l’acqua ai torrenti che, soprattutto nei mesi estivi o di particolare siccità, rischiano di restare senza una portata sufficiente.

Secondo la legge dovrebbe essere garantito il Deflusso Minimo Vitale (Dmv), ma «questo non sempre succede e genera moria dei pesci e della vita dei fiumi, del fiume stesso, crea danni permanenti alla fauna, alla vegetazione, e genera un ambiente desolato», avvertono dal Comitato beni comuni val Pellice.

Oltre alle centraline esistenti nel bacino fluviale del Pellice, sul sito della Città Metropolitana di Torino si legge di ulteriori progetti per centraline e impianti futuri. Un’altra decina di progetti di impianti avanzati da alcune ditte private: Enel Produzione, Vimel, Acquachiara, Energia, Verde Energy, Green Power, S.c.S., Pixel, Consorzio irriguo Val Pellice Cavourese. Tre anni fa si è parlato molto del caso di Angrogna.

Quasi tutti i comuni della valle verrebbero interessati da questa nuova ondata di intubazione dei corsi d’acqua a fini privati. A partire dall’alta valle a Bobbio Pellice, sul Pellice appena uscito dalla conca del Prà, nel suo primo affluente importante, il rio Crusenna, e nel torrente Cruello, che già adesso è in secca e non riesce ad arrivare al Pellice; e poi nel rio Guicciard e nella Comba dei Carbonieri, che già è interessata dalla presenza di una centralina. Seguono Villar Pellice con un progetto nella comba Liussa e Torre Pellice con un progetto al Molino di Santa Margherita.

Nella maggioranza dei casi si tratta di piccole centraline di circa 50 Kw di potenza che, ipotizzando un utilizzo a pieno regime, in un anno possono arrivare a produrre fino a 438 Mwh. Per legge, oggi, rimane in vigore il tetto di incentivi complessivi alle rinnovabili non fotovoltaiche di 5,8 miliardi ogni anno. La Gse, Gestore dei Servizi Energetici, è una società italiana per azioni controllata dal Ministero dell’economia che eroga gli incentivi statali ai produttori di energia rinnovabile. Secondo le tabelle governative l’incentivo è di 219 euro a Mwh prodotto per le centraline sotto i 50 Kw che in un anno possono quindi arrivare a circa 100mila euro lordi.

Ai Comuni quanto torna?

Il gestore di un impianto idroelettrico deve corrispondere un’imposta, i canoni idrici, agli enti pubblici locali (Comuni, Province e Regioni interessate), per la concessione e lo sfruttamento di acque pubbliche con lo scopo di produzione di energia elettrica. I canoni idrici sono di tre tipi: il Canone Idrico di concessione (pagato da tutti gli impianti), il Sovracanone per gli Enti Rivieraschi e il Sovracanone per i Bacini Imbriferi Montani (BIM) che sono pagati solo dagli impianti di potenza superiore a 220 kW.

I canoni rivieraschi, fissati dalla Città Metropolitana di Torino in questo caso, vanno all’80% al comune e al 20% all’ex provincia.

A Bobbio Pellice è stata inaugurata una nuova centralina sul Pellice, proprio dietro gli impianti sportivi.

Fornisce acqua per irrigare i campi di Bobbio e Villar e produce elettricità per 49 Kw. E’ costata 1 milione di euro al Consorzio Irriguo Val Pellice – Cavourese e 400.000 euro sono arrivati dall’Unione europea dal fondo europeo agricolo di sviluppo rurale del Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013.

«Per gli agricoltori di Bobbio e Villar la presa d’acqua dal Pellice è vitale e genererà un incremento della produzione di fieno e dell’economia locale», dice il sindaco di Bobbio Patrizia Geymonat. «Sono oltre 230 gli iscritti locali al consorzio. Noi a Bobbio lo scorso anno abbiamo incassato 16.700 euro di Canoni Rivieraschi dalle tre grandi vecchie centrali idroelettriche bobbiesi, le due sul Pellice per andare a Villanova e quella nella Comba dei Carbonieri». Corrispondono a due privati, la Quinto S.p.A. di Bobbio Pellice e la Girardi Energia S.r.l di Mattie.

Ai comuni, è dai Bim che arriva l’introito maggiore, ma il punto è che potrebbe essere ancora più grande. «Lo scorso anno dai Bim sono arrivati 74.000 euro, un decimo del bilancio comunale», continua Geymonat.

Il Bacino Imbrifero Montano del Pellice è un consorzio di Comuni che ridistribuisce i circa 600.000 euro di canoni che le imprese pagano. Raggruppa i comuni di Angrogna, Bibiana, Bobbio Pellice, Bricherasio, Fenestrelle, Inverso Pinasca, Luserna San Giovanni, Lusernetta, Massello, Perosa Argentina, Perrero, Pinasca, Pinerolo, Pomaretto, Porte, Pragelato, Prali, Pramollo, Prarostino, Rorà, Roure, Salza di Pinerolo, San Germano Chisone, San Secondo di Pinerolo, Sauze di Cesana, Sestriere, Usseaux, Torre Pellice, Villar Pellice, Villar Perosa. «Il 55% dei 600.000 mila euro va ai comuni che hanno le prese idroelettriche sul loro territorio: Pinasca, Angrogna, Bobbio e Villar Pellice per fare qualche esempio», spiega Igor Alessandro Bonino, presidente del Bim Pellice. «Dalle grosse centrali tipo quella di Villar Perosa, che ha la presa a Pinasca, una centrale da circa 1 Mw, ci arrivano 27.000 euro l’anno», continua Bonino. Potrebbe essere di più ma le grosse centrali pagano un Canone regionale che negli ultimi anni è aumentato di oltre il 100%.

«Se ci fosse un movimento generale delle amministrazioni per cambiare la norma nazionale e alzare questa percentuale, noi aderiremmo» dichiara il sindaco di Bobbio Pellice, che aggiunge «ci stanno continuando ad arrivare richieste per autorizzazioni a costruire piccole centraline sui nostri fiumi, due le abbiamo già bloccate perché ritenute non idonee».

L’ambiente

Il neonato Comitato Beni Comuni val Pellice si sta interrogando su quanto le prese idroelettriche danneggino la vita dei fiumi e rappresentino un introito troppo grande per i privati rispetto ai Comuni su un bene comune come l’acqua.

Sabato 18 luglio hanno organizzato una passeggiata a Bobbio Pellice per chiedere più attenzione da parte comunale ai temi ambientali ed economici che queste attività interessano. E per chiedere alle amministrazioni di non svendere i beni comuni. Si ritroveranno sabato 1 agosto per continuare a informare la popolazione.

Marco Baltieri, presidente dell’Associazione di Tutela degli Ambienti Acquatici e dell’Ittiofauna (Ataai): «Sono circa una cinquantina le persone che si stanno relazionando con il Comitato Beni Comuni val Pellice. Le conseguenze delle molte derivazioni, idroelettriche o agricole, che stanno uccidendo i nostri fiumi e la vita che vi si trova. Il Pellice dopo il ponte di Bibiana è ormai quasi completamente asciutto e le scorse settimane siamo andati a recuperare tutti i pesci morti a causa della secca. Ormai, ogni estate, facciamo questa operazione. A parte le derivazioni agricole che devono essere ripensate e riorganizzate, molte delle centrali idroelettriche nel bacino del Pellice sono vecchie, hanno oltre trent’anni e sono state costruite senza il rispetto di parametri ambientali, ora necessari. Se venissero realizzati tutti gli impianti ora in progetto il Pellice si trasformerebbe in una serie di tubi continui. Gli incentivi sono molto alti e i canoni troppo bassi, questo rende il business appetibile da parte dei privati. La forbice tra introiti e canoni versati ai comuni è troppo ampia e gli amministratori comunali dovrebbero lavorare per abbassarla il più possibile».

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