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Il bavaglio che non passa mai di moda

Dal primo luglio, è in vigore in Spagna una nuova legge di sicurezza civica, molto repressiva per chi intende esprimere il proprio dissenso attraverso manifestazioni pubbliche: da mesi sono in corso proteste per impedirne l’approvazione e ora l’opposizione ha fatto ricorso davanti alla Corte costituzionale. Questa legge, soprannominata Ley Mordaza, legge museruola, prevede delle sanzioni che vanno dai cento ai seicentomila euro per infrazioni amministrative che possono essere applicate dalla polizia senza passare da un giudice: non sarà possibile scrivere su Internet dove si tengono atti di protesta non autorizzati, non sarà possibile fotografare le forze dell’ordine, non sarà possibile fare spettacoli o riunirsi nei pressi dei palazzi ufficiali, né occupare piazze o fare presidi. Commentiamo la notizia con Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21.

Che ne pensa di questa legge così repressiva?

«Purtroppo è un contagio che si sta diffondendo: in Francia, in Ungheria, in Italia, con la forte discussione sulla legge bavaglio: ma la legge spagnola è ancora più subdola e insidiosa. In effetti non è una legge solo sull’informazione, ma a tutela dell’ordine pubblico: si utilizza questo argomento con quello della sicurezza nazionale per fare operazioni di tutt’altra natura. Questa legge, che prevede diversi divieti, dice per esempio che se associazioni come Articolo 21 dovessero pubblicare sul proprio sito l’annuncio di una manifestazione o di un presidio non autorizzati, o di un’iniziativa che non si ritiene aver avuto tutte le regolari autorizzazioni, la polizia può procedere ad una sanzione e alla chiusura, perché la manifestazione viene considerata complice di un atto contro la sicurezza nazionale. Utilizzando la nozione di ordine pubblico si colpisce il diritto dei cittadini a scrivere, a esprimersi e a conoscere. Una legge che non ha a che vedere con la pubblica sicurezza, ma con il controllo preventivo delle piazze e con le grandi manifestazioni degli indignados di questi ultimi anni. Il fotografo che si reca alla manifestazione che si dice non essere autorizzata è compartecipe di un atto contro l’ordine pubblico, e questa è una violazione dei diritti di libertà».

Un problema che non è solo spagnolo.

«Infatti. In Italia, la legge sulla diffamazione, approvata in terza lettura alla Camera e che ora deve tornare al Senato, elimina il carcere, ma non introduce nessuna norma per scoraggiare le querele temerarie. Il mondo del malaffare potrà intimorire con querele preventive per milioni di euro una testata che, se prosciolta, non riceverà nessun indennizzo dal molestatore. Un modo per rafforzare chi minaccia e indebolire chi racconta. L’Egitto sta passando a una stretta repressiva ulteriore sul diritto di cronaca, utilizzando l’argomento del terrorismo e della sicurezza. Argomenti veri, ma che guarda caso vanno a colpire quei cronisti e quei giornali che cercano di esercitare lo spirito critico. Credo sia giunto il momento per il sindacato internazionale e per le tutte le associazioni professionali dei giornalisti di indire una grande manifestazione europea a Bruxelles, e di non far finta che si tratti di tanti casi isolati: occorre una risposta forte, corale e pubblica a difesa del diritto a informare ed essere informati, che è a rischio».

Sicurezza in cambio di libertà: un ‘equazione che continua a funzionare.

«Dopo la grande manifestazione per la libertà di espressione a Parigi, dopo i fatti di Charlie Hebdo, la situazione è diventata sempre più preoccupante: in Spagna, ma anche in Francia, dove si sta aumentando la stretta su blog e siti, o in Italia, dove sta per arrivare una legge sulle intercettazioni che potrebbe ridurre ulteriormente la possibilità di raccontare il contenuto delle intercettazioni per la quale, per esempio, il caso Mafia Capitale non sarebbe uscito. L’Ungheria ha messo una stretta sull’esercizio del diritto di cronaca, controllando totalmente l’emittente pubblica. In Grecia, prima di Tsipras, l’emittente pubblica era stata chiusa con l’intervento della celere per mettere a tacere le voci dissidenti. La situazione è preoccupante e richiede i riflettori accesi, ma sembra che ci sia una scarsa capacità di reazione, non solo nel nostro paese. Il valore della libertà di informazione e dei diritti civili tende a ridursi. Sforare i parametri del Pil sottopone i paesi europei a sanzioni durissime, ma sforare i parametri delle libertà non sottopone allo stesso tipo di sanzioni. Chi ama l’Europa unita come noi, ha il dovere di essere ancora più implacabile nella denuncia, per non lasciare il via libera a questo tipo di atteggiamenti repressivi».

Foto: “Democracia real YA Madrid” di Olmo Calvo – http://www.diagonalperiodico.net/Manifestacion-DEMOCRACIA-REAL-YA.html. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.