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Boko Haram: la testimonianza della chiesa metodista in Nigeria

Vescovo Uche, quanto è radicata la chiesa metodista in Nigeria?

«E’ la chiesa cristiana più antica del paese. Iniziò con la missione del 1842. Oggi è una chiesa indipendente, molto dinamica e in crescita.  Conta di 1.5 milioni di membri, e stimiamo di crescere intorno al 10% ogni anno, segno di grande vitalità.  Abbiamo 75 vescovi,  72 diocesi, di cui quelle cittadine arrivano a contare 18 mila membri. E’ nelle zone urbane, quindi, che la presenza è più consistente. Siamo tra le chiese più numerose del paese, con la chiesa cattolico romana e gli anglicani. Da segnalare che sono in forte crescita le chiese pentecostali».

Qual è la situazione con le azioni del gruppo Boko Haram?

«Boko Haram ha fatto irruzione nel paese ed è cresciuto improvvisamente. Si è esteso e radicato nella regione del nord col sostegno dell’Isis. Tra le studentesse rapite, caso che ha concentrato l’attenzione di tutto il mondo,  un numero consistente era metodista. Boko Haram prosegue nel distruggere interi villaggi, costringendo le persone che sopravvivono a fuggire senza meta: molte sono disperse. 14 chiese metodiste sono state rase al suolo: non si celebra più il culto e  i membri di chiesa sono dispersi o versano in una situazione drammatiche. Come chiese metodiste tentiamo il possibile per dar loro soccorso». 

In che modo cercate di dare soccorso?

«Facciamo del nostro meglio. Mandiamo loro generi di prima necessità, a partire dal cibo. Proviamo a raccogliere le persone in luoghi più sicuri, dando loro un riparo. Collaboriamo e sosteniamo il governo nel ripristinare le strutture distrutte da Boko Harama. I nostri sforzi sono a volte resi vani: proprio di recente un nuovo attacco è avvenuto nel cuore di un campo di superstiti, che stavamo aiutando. E’ stata fatta esplodere una boma: il che ha provocato vittime e terrore tra le persone. Ci siamo presi cura di queste persone dopo l’attacco, cercando di sostenerli. Boko Haram non è un gruppo organizzato, sono frutto di tensioni pregresse, tensioni tra gruppi etnici, come è successo in Burundi e Ruanda. Non è una guerra di religione, ha altre radici e la situazione è molto delicata. Le relazioni con i musulmani ci sono sempre state, e nella capitale dove vivo non ci sono problemi. Certo tutto ora è molto più difficile »

In questa situazione qual è l’impegno della chiesa metodista in Nigeria?

«Proseguiamo con la nostra vocazione di sempre: evangelizzazione e impegno nei servizi e nelle opere sociali. Abbiamo ospedali e cliniche mobili; abbiamo programmi di cura anche per le malattie mentali, e programmi di recupero per persone che hanno subito violenza e abusi. Dare questo tipo di soccorso è una nostra vocazione e la pratichiamo al massimo delle nostre forze».