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Mediterranean Hope. La speranza di Amaniel

12 anni. Eritreo. Non accompagnato. Amaniel* non ride. Ha degli occhi grandi, profondi, tanto scuri, quanto tristi. I capelli rapati a zero lo fanno sembrare ancora più piccolo. Una settimana fa è arrivato alla «Casa delle culture» di Scicli (Rg), la struttura aperta a dicembre dell’anno scorso nel quadro del progetto «Mediterranean Hope» della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), a cui la Prefettura di Ragusa affida migranti sbarcati a Pozzallo e che siano particolarmente vulnerabili. E Amaniel è vulnerabile. È solo. Non ha nessuno. E chissà cosa non abbiano visto quei suoi grandi occhi scuri e tristi.

«La Prefettura in questi mesi ci ha affidato numerosi minori non accompagnati, anche quattordicenni. Ma certo, Amaniel è l’ospite più giovane mai accolto nella nostra struttura che abbia affrontato da solo il pericoloso viaggio attraverso il deserto del Sudan e della Libia, per poi essere imbarcato su una carretta del mare – spiega Osvaldo Costantini, membro dello staff della Casa delle culture -. Siamo in contatto con l’Ambasciata norvegese, perché abbiamo scoperto che Amaniel ha un fratello poco più che maggiorenne, e che dovrebbe essere arrivato un paio d’anni fa nel paese scandinavo. Se riusciamo a rintraccialo ci sono buone probabilità che Amaniel possa essere ricongiunto con suo fratello”.

Intanto Amaniel non perde mai d’occhio Osvaldo. È l’unico con cui riesce a scambiare qualche parola nella sua lingua, il tigrino. L’altro ieri, insieme agli altri ospiti della Casa delle culture – ragazzi, ragazze, e giovani mamme dell’Africa subsahariana – Amaniel ha assistito alla visita di un gruppo di 10 tedeschi: esponenti di chiese evangeliche del Nord Reno e della Westfalia, e politici regionali del Landestag di Düsseldorf. Solo poche ore prima, al porto di Pozzallo, lo stesso gruppo aveva potuto seguire in diretta lo sbarco di 447 migranti. Salvati dalla Guardia Costiera italiana a 40 miglia da Tripoli, erano stipati su 4 gommoni. Tutti salvi. Sul molo tre pullman pronti a partire verso dei Centri di primo soccorso e accoglienza (Cpsa) in Toscana, Lombardia, Piemonte. I più vulnerabili, donne e bambini, ma anche malati o affetti di scabbia, saranno portati poco più avanti al Cpsa di Pozzallo, dove nella migliore delle ipotesi rimarranno pochi giorni per poi essere ricollocati altrove. Il gruppo di esponenti di chiese e politici tedeschi ha potuto accedervi: attrezzato per 250 persone quella notte ci avrebbero dormito in 400. Da qui – un hangar in cui la luce del giorno filtra solo dalle finestre posizionate a più di 5 metri d’altezza – è passato anche Amaniel.

I tedeschi, prima di arrivare a Scicli, nei giorni precedenti erano passati anche da Catania e Lampedusa. «Con questo viaggio in Sicilia abbiamo voluto sensibilizzare i nostri politici sul tema delle migrazioni. Non c’è nulla che possa sostituire un’esperienza diretta con chi lavora sul terreno e in prima linea con e per i migranti», ha detto il vice presidente della Chiesa evangelica della Westfalia (EKvW), pastore Albert Henz, capo delegazione e responsabile del dipartimento Chiesa e Società. La visita alle strutture di Mediterranean Hope della Fcei non è casuale: il progetto, finanziato dai fondi dell’8 per mille delle chiese metodiste e valdesi, gode anche del sostegno della EKvW.

E mentre Amaniel a Scicli aspetta speranzoso la telefonata dell’Ambasciata norvegese, questa mattina la delegazione ha incontrato a Roma il presidente del Senato Pietro Grasso. All’ordine del giorno le politiche migratorie europee e il Regolamento di Dublino nella parte delle disposizioni sul primo approdo. Al termine del loro viaggio esplorativo, organizzato in collaborazione con la Fcei, i politici del Nord Reno-Westfalia non hanno più dubbi: quella disposizione va superata, e affiancata da un sistema di ripartizione dei richiedenti asilo il più possibile rispettoso delle loro stesse aspirazioni. Soddisfazione per la buona riuscita della visita è stata espressa da Paolo Naso, coordinatore della Commissione studi della Fcei, perché “è espressione di un’altra Europa che sa guardare al tema delle migrazioni globali in uno spirito di accoglienza, di solidarietà e di rispetto dei diritti umani”.

* nome fittizio