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Una fotografia dell’Irlanda di oggi

Lo scorso 22 maggio, con uno storico referendum il popolo irlandese ha detto sì al matrimonio per le coppie dello stesso sesso. Il voto ha infatti cambiato la definizione di matrimonio contenuta nella Costituzione della Repubblica d’Irlanda, per cui ora può “essere contratto da due persone, senza distinzione di sesso”. Si tratta della prima legalizzazione dei matrimoni gay approvata per decisione popolare. A margine dell’incontro europeo dei Consigli nazionali di chiese, tenutosi a Berlino dal 26 al 29 maggio scorsi, abbiamo incontrato il presbiteriano Mervyn McCullagh, segretario esecutivo del Consiglio delle chiese irlandesi e dell’Irish Inter-Church Meeting.

Il risultato del referendum è stato netto e sorprendente, se si considera che l’Irlanda è una nazione permeata da una profonda cultura cattolica. Anche per lei è stata una sorpresa?

“No, non lo è stata affatto. Il risultato del referendum fotografa un preciso cambiamento avvenuto nella società irlandese negli ultimi dieci anni. Forse, l’unica sorpresa è che gli irlandesi siano stati onesti con se stessi e abbiano votato seguendo la loro coscienza piuttosto che l’obbedienza delle appartenenze tradizionali. No, nessuna sorpresa, il risultato esprime bene la realtà irlandese di oggi”.

Secondo lei, quali sono secondo le ragioni della vittoria del sì?

“All’inizio degli anni Novanta del secolo scorso l’influenza della chiesa cattolica nella società ha cominciato a declinare. Oggi gli irlandesi ritengono di dover essere loro stessi, autonomamente, a fondare le loro scelte e non più la chiesa cattolica, che nel referendum è intervenuta con una lettera pastorale a favore del no, letta in tutte le parrocchie. Questo è un cambiamento enorme che è avvenuto per diverse ragioni. In primo luogo, non si possono ignorare i casi di pedofilia, per molti una ferita ancora aperta, che hanno determinato una perdita di fiducia nella chiesa cattolica. Poi ci sono altri fattori. Per esempio, durante gli anni d’oro della Tigre celtica, la crescita economica ha portato un certo numero di persone ad allontanarsi dalla religione e dalle chiese. Un’attitudine che si può definire in una certa misura permanente perché con l’arrivo della crisi le chiese non si sono riempite come spesso accade nei momenti di difficoltà e incertezza. Infine c’è da considerare la nuova visibilità delle persone omosessuali. Questo referendum non è stato percepito come una decisione su principi assoluti e astratti. E’ stato invece compreso come un referendum che riguarda i miei amici, mio fratello o mia sorella, il mio vicino di casa, il mio collega di lavoro. E’ a loro che il sì al referendum ha voluto dare completa eguaglianza – almeno sul matrimonio. Non credo infatti che con la vittoria dei sì i gay abbiano ottenuto davvero piena uguaglianza. Personalmente, preferirei vedere anche maggiori protezioni contro le discriminazioni per garantire la piena cittadinanza di tutti, senza riguardo a etnia, genere, religione. Inoltre, credo che questo referendum ponga delle sfide importanti alle chiese, tanto cattolica quanto protestanti”.

Qual è stata la posizione delle chiese protestanti?

“Come ci si può aspettare, la posizione delle chiese protestanti è diversificata. Alcune hanno assunto un basso profilo perché divise al proprio interno. Altre hanno ribadito la definizione di matrimonio come l’unione di un uomo e una donna. Altre hanno espresso quel che le chiese protestanti in generale sanno da tempo, e cioè che c’è una differenza tra lo spazio pubblico, le cui leggi riguardano tutti i cittadini e il loro bene comune, e lo spazio della morale religiosa che riguarda i fedeli. C’è poi da dire che tutte le chiese erano ben coscienti della pesante discriminazione che i gay hanno subito in Irlanda e che la vittoria dei sì rappresenta il simbolo della fine di questa discriminazione. Tuttavia, da un punto di vista teologico e liturgico molte chiese protestanti hanno dubbi sul fatto che si possa parlare di matrimonio nel caso di un’unione omosessuale. Se il protestantesimo irlandese si è dichiarato a larga maggioranza favorevole alle unioni civili, con il matrimonio la questione è più controversa. Ci troviamo nella situazione inedita di una definizione di matrimonio che, per un certo numero di chiese, non coincide con quella dello Stato. C’è da riflettere nuovamente su cosa significhi la separazione tra Stato e chiese”.

Quali sono dunque le sfide maggiori poste alle chiese?

“Innanzitutto, bisognerà capire bene a cosa assomiglierà la legislazione nel futuro. Una questione cruciale riguarderà la libertà delle chiese nel decidere di benedire coppie gay unite in matrimonio civile oppure no. C’è da capire le conseguenze sugli altri articoli della Costituzione che riguardano la famiglia e la genitorialità. C’è soprattutto da definire qual è la giusta separazione tra Stato e chiesa in questo ambito. Dobbiamo capire qual è l’equilibrio tra il diritto delle comunità religiose di definire il matrimonio in base ai propri principi e la definizione che ne dà lo Stato come unione civile duratura che sta alla base della società e ha un impatto su questioni come tasse, eredità, proprietà. Tutto questo rappresenta uno spazio inedito di riflessione e, vorrei sottolinearlo, di dialogo per le chiese”.

C’è l’impressione che le chiese, nel loro insieme, siano state sconfitte da questo referendum e che il loro insegnamento – per la chiesa cattolica – e la loro predicazione – per le chiese protestanti – non costituisca più un riferimento autorevole per gli irlandesi?

“No, non credo sia corretto esprimersi in questi termini. Nella fotografia dell’Irlanda di oggi le chiese sono presenti! Gli irlandesi hanno affermato la loro autonomia di giudizio e di questo si deve prendere atto. E’ poi vero che in giro c’è ancora molta rabbia per la questione della pedofilia, e anche di questo si deve prendere atto. Tuttavia, le chiese ci sono oggi e ci saranno domani. Credono nel matrimonio e nella famiglia, sebbene alcune in modo diverso da quello dello Stato; credono nella società; credono nella speranza. Si tratta di ridefinire l’equilibrio di tutti questi elementi affinché le chiese possano continuare a seminare il messaggio che è loro proprio: generosità, grazia, amore e perdono”.

Foto: “Grafton St, Dublin” by DonaldytongOwn work. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons.