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Jack e Joy

Ogni tanto in redazione telefona un’ascoltatrice, una signora molto cortese con la quale discutiamo di teologia, di fede evangelica, ma qualche volta, anche di questioni più personali e private. Quest’ascoltatrice ha perso recentemente il marito e sente forte la mancanza della sua presenza e del suo sostegno. Un vuoto che, mi diceva, trasforma quel legame forte d’amore che c’è stato in una insostenibile nostalgia e un dolore profondo.

Nell’ascoltarla mi è venuta in mente la storia di Jack e Joy. Non so se la conoscete, perché è stata raccontata al cinema, nei libri, a teatro. Jack è un professore di letteratura a Oxford. Ha un nome difficile: si chiama Clive Staples Lewis, ma per amici e parenti è Jack. Lei è Joy Davidman, un’americana, una donna impegnata tanto da essere stata iscritta al Partito comunista degli Stati Uniti. Dopo la Seconda guerra mondiale, Joy si trasferisce in Inghilterra. I due si incontrano, si piacciono, si frequentano, e scoprono di avere delle profonde affinità intellettuali ed emotive. In più sono accomunati dalla stessa fede cristiana. Stranamente però si tengono a distanza. Lui, troppo legato all’ambiente maschile dell’università; lei, con due figli e un divorzio in corso. Poi un giorno Joy si ammala, gravemente. Un cancro osseo si fa strada, inesorabile. Jack la va a trovare in ospedale. E un giorno si presenta in compagnia di un amico, un pastore anglicano che, sul letto di morte di Joy, li unisce in matrimonio. E qui succede qualcosa di inaspettato, perché da quel momento la malattia di Joy regredisce; addirittura scompare. Sembra che Dio abbia voluto regalare a Jack e Joy una felicità ad entrambi sconosciuta. Viaggiano, dedicano tempo l’una all’altro, si amano. Sono due cinquantenni che le foto ci restituiscono, lui, abbottonato in una giacca stropicciata; lei, che si appoggia su un bastone. La loro bellezza sta nella loro felicità.

Un giorno però la malattia ritorna e questa volta è implacabile. Joy muore e Jack è devastato dalla sua  perdita. Descrive la sua disperazione in un libro, in italiano intitolato Diario di un dolore, nel quale accusa Dio di essere il grande sadico dell’universo che prima ti colma del bene più prezioso e poi, all’improvviso, te lo toglie. Racconta tutta la sua rabbia che si placa solo quando riesce a deporla davanti al Signore. Solo quando riesce ad accettare che il dolore di oggi altro non è che l’altro volto della felicità di ieri e a scoprire che Dio è capace di custodire l’intreccio inestricabile di questi due sentimenti. Jack morirà qualche anno dopo della stessa malattia di Joy.

Che il Signore ci sostenga e ci accompagni ogniqualvolta la nostra felicità si muta in dolore, e la nostra vita rimane vuota della presenza di chi amiamo e continuiamo ad amare.

Foto: “Old Man in San Jose” di Shayan SanyalFlickr. Con licenza CC BY 2.0 tramite Wikimedia Commons.