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«La Libia è piena di crudeltà»

Mentre l’Europa cerca una soluzione alla crisi nel Mediterraneo dove hanno perso la vita circa 1700 persone nei soli primi mesi del 2015, Amnesty International pubblica un’indagine di circa 30 pagine che mette in luce le ragioni che spingono migliaia di migranti a rischiare la vita in pericolosi viaggi attraverso il Mediterraneo, nel disperato tentativo di trovare rifugio e salvezza in Europa.

«“La Libia è piena di crudeltà”. Storie di sequestri, violenza sessuale e abusi contro i migranti e rifugiati» è il titolo del nuovo rapporto pubblicato ieri dall’organizzazione internazionale per i diritti umani, nel quale si denuncia che in Libia – paese sia di arrivo che di transito per persone in fuga dalla povertà, dai conflitti e dalla persecuzione nell’Africa sub sahariana e in Medio Oriente – i migranti e i rifugiati vanno incontro a gravi violazioni dei diritti umani.

Il Rapporto evidenzia che ad essere particolarmente in pericolo sono i cristiani provenienti da Nigeria, Eritrea, Etiopia ed Egitto che vengono rapiti, torturati, uccisi e perseguitati a causa della loro religione. Ultimamente almeno 49 cristiani, per lo più provenienti dall’Egitto e dall’Etiopia, sono stati decapitati o fucilati in tre esecuzioni sommarie di massa rivendicate dal gruppo Stato islamico.


Inoltre, i migranti e i rifugiati sono esposti ad abusi e violenze lungo tutto il viaggio organizzato dai trafficanti, dall’Africa orientale e occidentale verso le coste della Libia.

Lungo il viaggio, i migranti e i rifugiati subsahariani, compresi i minori non accompagnati, vengono rapiti a scopo di estorsione. Durante la prigionia, vengono torturati per costringere loro o le loro famiglie a pagare un riscatto. Coloro che non sono in grado di pagare vengono sfruttati e spesso ridotti in schiavitù.

Una volta entrati in Libia, i trafficanti possono vendere i migranti e i rifugiati a bande criminali che operano nel deserto o nei principali centri di transito come Sabha, nella Libia sudoccidentale, o Ajdabya, nella Libia orientale.

Il Rapporto inoltre evidenzia il problema dei centri di detenzione, vere e proprie galere in cui migliaia di migranti originari dell’Africa sub-sahariana e rifugiati vengono stipati e abusati dai criminali, ma anche la situazione dei “centri ufficiali” in cui le autorità libiche rinchiudono quelli che vengono arrestati in procinto di prendere il mare alla volta di Lampedusa. In particolare le donne detenute nei centri per migranti hanno denunciato molestie e violenza sessuale. Una testimone ha raccontato ad Amnesty International che i responsabili di un centro hanno picchiato a morte una donna incinta. «Ci picchiavano coi tubi di gomma dietro le cosce, non risparmiavano neanche le donne incinte. Di notte entravano nelle nostre stanze e cercavano di dormire con noi. Alcune di noi sono state stuprate e una è rimasta incinta. Ecco perché ho deciso di partire per l’Europa: ho sofferto troppo in prigione», ha raccontato un’altra testimone.

«Senza sostegno legale né vie di fuga alternative i migranti sono costretti a mettere le loro vite nelle mani di trafficanti spietati», ha affermato il direttore di Amnesty per il Medioriente e il Nordafrica, Philip Luther.

Amnesty fa appello all’Unione Europea di destinare maggiori risorse alla ricerca e al soccorso dei migranti nel Mediterraneo. «Implementare misure per contrastare i trafficanti senza fornire un’alternativa sicura alle persone che, disperate, scappano dal conflitto in Libia non risolverà la piaga dei migranti e dei rifugiati», ha aggiunto Luther.

L’organizzazione per i diritti umani ha fatto anche appello alla Tunisia e all’Egitto affinché allentino le restrizioni alla frontiera con la Libia in modo da fornire riparo ai migranti.

Foto “Refugie Choucha Tunisia 1” by Mohamed Ali MHENNIOwn work. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons.