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Sfogliando i giornali del 7 maggio

01 – Yemen, il governo di Hadi chiede un intervento via terra per fermare i ribelli houthi

La rappresentanza dello Yemen presso le Nazioni Unite, espressione del presidente Hadi, ha chiesto un intervento via terra per respingere l’offensiva dei ribelli houthi nel sud del paese, dove la situazione è critica dopo più di un mese di combattimenti. La coalizione guidata dall’Arabia Saudita ha lanciato ad aprile una serie di raid aerei nel nord del paese, e secondo l’Onu dal 19 marzo hanno perso la vita 1.200 persone, di cui la metà civili. Intanto, il segretario di stato statunitense John Kerry si trova oggi a Riyadh, la capitale dell’Arabia Saudita, dove sta trattando con le autorità saudite per spingerle a concedere una pausa nelle operazioni militari per poter distribuire aiuti umanitari, tra cui le 2.500 tonnellate di provviste raccolte dalla Croce rossa iraniana.

02Burundi, un morto e tre feriti nelle nuove manifestazioni a Bujumbura

Almeno una persona è stata uccisa e tre sono rimaste ferite in Burundi, nella capitale Bujumbura, dopo che questa mattina la polizia ha aperto il fuoco contro un gruppo di manifestanti nel quartiere di Kinama. Si tratta di un nuovo episodio delle proteste che da circa due settimane caratterizzano il paese, da quando il presidente Pierre Nkurunziza ha annunciato la propria candidatura per un terzo mandato. Complessivamente sono 14 le vittime degli scontri, e inoltre 40.000 persone sono fuggite dal paese recandosi in Ruanda, Tanzania e Congo. Proprio il presidente, intanto, ha annunciato che, in caso di rielezione a giugno, non si ricandiderà per un quarto mandato, e ha promesso che i manifestanti minori di 18 anni che sono stati arrestati durante le proteste saranno rilasciati e che è disposto a concedere un’amnistia se le proteste si placheranno.

03 – Israele, Netanyahu raggiunge un accordo per il nuovo governo

Il premier Benjamin Netanyahu ha raggiunto un accordo per formare un governo di coalizione con il “partito dei coloni” Bayt Hayehudi, Casa ebraica, guidato da Naftali Bennett. Si tratta di una formazione di destra, secondo alcuni di estrema destra, che sostiene da sempre la necessità di ampliare le colonie nei territori della Cisgiordania. Della nuova coalizione fanno parte anche i partiti Kulanu di Moshe Kahlon, nuovo ministro delle Finanze, e i religiosi di Shas e dell’Unione per il Giudaismo nella Torà, mentre non comprende lo storico alleato Avigdor Lieberman, leader di Israel Beitenu e ministro degli Esteri uscente, che ha deciso di restare all’opposizione lamentando «eccessivi cedimenti nei confronti dei partiti religiosi». L’intesa è arrivata dopo 42 giorni di trattative, a poche ore dalla scadenza del termine per il suo mandato esplorativo, e permetterà a Netanyahu di avere una maggioranza molto risicata in parlamento, con il controllo di 61 seggi su 120. Netanyahu ha anche annunciato che terrà per sé l’incarico di ministro degli esteri, nella speranza di coinvolgere anche l’Unione sionista di Isaac Herzog per la futura coalizione di governo.

04 – Somalia, un funzionario locale è stato ucciso in un attentato a Mogadiscio

Un nuovo attacco, rivendicato dalla formazione jihadista Al Shabaab, ha provocato l’uccisione di un rappresentante del vicepresidente del distretto di Wadajir, nell’area della capitale somala Mogadiscio. Nello stesso contesto un convoglio militare dell’Unione Africana è stato coinvolto in un’esplosione appena fuori dalla città. L’attacco contro il convoglio si è verificato nella zona di Elasha, circa 16 chilometri a nord-ovest di Mogadiscio, dove al passaggio di un blindato l’esplosione di una bomba a bordo strada ha danneggiato il veicolo e investito la folla circostante. Secondo Al Shabaab si tratta soltanto dell’inizio di una nuova fase. «Quello messo a segno stamattina – ha dichiarato infatti il portavoce dei miliziani – è un attacco che rientra nella nostra attività a Mogadiscio. Ne seguiranno altri».

05 – Sfollati, nel mondo sono 38 milioni

Il numero di persone in fuga all’interno del proprio paese a causa di conflitti o violenze ha raggiunto la cifra di 38 milioni. Secondo il rapporto Global Overview 2015, curato dal centro di ricerca del Norwegian refugee council presso l’Onu a Ginevra, significa che «ogni giorno circa 30.000 persone sono costrette ad abbandonare le proprie case». I dati raccontano che l’Iraq, con oltre due milioni di sfollati, è il paese ad aver registrato il più forte aumento nel 2014, mentre la Siria, con oltre 7 milioni e mezzo sfollati interni, pari al 40% della popolazione, è la nazione con la più grande dimensione del fenomeno nel mondo. Inoltre, per la prima volta da una generazione, anche l’Europa ha visto nuovamente sfollati interni sul proprio territorio a causa del conflitto in Ucraina. Per Jan Egeland, segretario generale del Nrc, questi dati segnano «il nostro completo fallimento nella protezione di civili innocenti».

Foto “Arbat Transit Camp 3-3-2014” by CmacauleyOwn work. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons.