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La corsa di Samia

«Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho serbato la fede». Le parole dell’apostolo Paolo rivolte a Timoteo (2° Tim.4/7), mi sono venute in mente assistendo alla “prima” del monologo “ La corsa”, (*) testo  appassionato di Andrea Salusso recitato, o meglio, detto, gridato, sussurrato da Fiammetta Gullo. Nel  monologo ci sono due corse: una è quella di Samia, dai vicoli di Mogadiscio, dove Alì, con un cronometro rimediato non si sa come, l’aiuta a diventare la più veloce ragazza della Somalia, fino  alle Olimpiadi (**). L’altra è la corsa verso l’Europa, verso Lampedusa, verso un rifugio che Samia arriverà solo a sfiorare…

Fiammetta-Samia entra in scena con un grande  «Uffa la guerra», perché questo è il contorno quotidiano della vita nel suo paese. Perché c’è la guerra?, chiede Samia e il padre risponde: perché  la guerra fa la fortuna di troppa gente, e Samia spera che fra tutta quella gente ci sia anche la sua famiglia. Quindi speriamo che la guerra  non finisca. A volte sembra pure bella: «i miliziani agli incroci delle strade coi kalashnikov a spalla e delle   cartucciere intorno al collo come delle collane che arrivano ai piedi». Sono ragazzi, pensa, anche carini e qualcuno la guarda come una vera donna, non come la bambina più veloce  della Somalia. I miliziani, gli islamisti, l’occupazione, etiopi da una parte, kenioti dall’altra e gli americani in mezzo. Già, gli americani, pensa Samia, sono arrivati, si sono sparati per una settimana che non potevamo uscire di casa e poi l’Alleanza che  doveva liberarci dai terroristi se l’è svignata e hanno lasciato Mogadiscio in mano alle “Corti islamiche”. Altro che primavere arabe…E allora dagli  islamisti  si scappa, in migliaia si diventa profughi, verso il confine con il Kenia, da un parente, un amico che ti accolga…

Febbraio 2007: una scheggia vagante uccide il  padre di Samia, una zia. Lavoravano al mercato. Un anno dopo Samia è convocata da un famoso campione al Comitato olimpico nazionale. Sappiamo che sei una brava atleta, vuoi rappresentare il tuo paese alle olimpiadi di Pechino? La più bella giornata della  mia vita!

Samia ha finito la corsa sulla pista olimpica di Pechino. Non ha vinto, è arrivata con distacco, ma l’hanno applaudita più della vincitrice. Tornata a Mogadiscio, Alì le dirà che non ha corso per  la  Somalia ma per gli americani che vogliono dividere il paese.

C’è  ora il combattimento più duro per Samia e i suoi compagni (tre eritrei, due cristiani ortodossi  e uno cattolico). Quello del  deserto, quello con i mediatori per  entrare nel Sudan, e poi in Libia  con le coltellate per non essere violentata. Il  deserto, 400 km fino alle oasi di Kufra (la prigione è orribile, i camion che arrivano portano centoventi disgraziati dentro un container di lamiera sotto il sole, in mezzo al piscio e al vomito e le guardie li bastonano se non stanno in fila. Poi  900 chilometri per Tripoli. E poi i soldi per corrompere poliziotti e miliziani, che sono  arrivati  a  400 dollari, e i soldi per l’affitto in attesa di una barca  “sicura”, la partenza stipati in 250, la nave della Marina italiana, dicono che vogliono rimandarli indietro, panico, chi piange, chi prega, chi si butta… Un marinaio italiano  le fa coraggio perchè salti. Samia salta.

Ha finito la corsa,  ha combattuto, ha serbato  la fede. Grazie Fiammetta, grazie Andrea per il  sincero realismo e la passione.

 

(*) La serata , in cui è stato proiettato anche un video realizzato dai ragazzi della Croce rossa ,era organizzata dal Coordinamento donne Valpellice. Per le date delle repliche consultare  www.teatrovariabile5.

(**) Samia Yusuf Omar è l’atleta somala che nel 2008, mentre in Somalia infuria la guerra, corre i 200 m. a Pechino)