La speranza come memoria del futuro

Ancora una volta Eugenio Borgna affronta le infinite sfaccettature dell’animo umano; affronta questa operazione umana e intellettuale con lo sguardo dello psichiatra, che tanti anni ha dedicato alla cura delle pazienti nell’Ospedale di Novara, e parallelamente con gli strumenti del lettore e del saggista: di colui che legge, scava nella poesia (in particolare di area germanica, ma non solo), nella filosofia e nella narrativa per cogliere le tracce di quelle risorse che uomini e donne (scrittori e lettori) hanno a disposizione ogni volta che sentano il bisogno di guardare dentro di sé. Il tempo, la differenza fra il tempo interiore, il tempo dell’anima, e il tempo dell’orologio o della clessidra, sono al centro del discorso.

A differenza di altri libri (Di armonia risuona e di follia, 2012; La dignità ferita, 2013), che affidavano a una zona centrale l’esame ravvicinato di alcuni casi clinici rievocati dall’autore, che ci lasciava in conclusione in compagnia di libri a lui cari, in questo caso il libro prende le mosse da alcune suggestioni letterarie forti, da Sant’Agostino a Pascal, da Leopardi a Proust, ci conduce lungo i sentieri della malinconia, del rimpianto e della nostalgia, sempre in compagnia dei libri (citare libri, chiarisce Borgna riprendendo il filosofo Walter Benjamin, non è sfoggio di erudizione: «le citazioni dilatano la voce di un libro, lo sottraggono ai soliloqui, e lo aprono a un dialogo sempre rinnovato con gli altri», p. 340). Sono i territori in cui le nostre personalità vivono degli stati d’animo, delle disposizioni d’animo più o meno transitori, più o meno reversibili, non patologici. Più avanti la descrizione di persone attraversate da stati depressivi, schizofrenie e dalla devastante malattia di Alzheimer ci porta sull’orlo della pratica professionale, alla quale l’autore ha dato tanto. Ma dalla quale ha ricevuto anche tanto, in termini di capacità d’introspezione e di saggezza, che ora trasmette ai suoi lettori. Le pagine dell’ultima sezione (a cui segue una breve conclusione illuminata dalle parole dei «discorsi religiosi» di Sören Kierkegaard) colpiscono per il carattere implacabile dei sintomi, delle percezioni, delle sofferenze. Sono descrizioni crude, desunte dalla narrazione che le pazienti fanno di sé; ma sono condizioni che non sarebbe giusto nascondere: sottolineare la comune umanità di chi vive una patologia e di chi tende semplicemente alla malinconia o alla nostalgia è indispensabile perché tutti, medici e semplici lettori, possiamo disporci in ascolto del prossimo.

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Agostino distingueva tre forme di tempo: «presente del passato, presente del presente, presente del futuro», a cui corrispondono, rispettivamente, la memoria, la visione e l’attesa (p. 21): da qui si coglie che questo libro, più di altri del suo autore, fra le tre articolazioni del tempo, ci spinge verso il futuro. Che è come dire, cristianamente, verso la speranza.

Non mancano, fra i testi citati, quelli che dimostrano l’attenzione di Borgna anche per la teologia: oltre ad Agostino, come in altri suoi lavori appare il Bonhoeffer di Resistenza e resa; compaiono i mistici come San Giovanni della croce; del protestante Kierkegaard si è detto (i suoi discorsi sono riuniti sotto il titolo Il giglio nel campo e l’uccello nel cielo, Donzelli 1998). Ma, anche indirettamente, anche alcuni toni stilistici e alcuni rimandi solennemente biblici si affacciano fra le pagine: la trattazione della nostalgia assume toni a tratti riconducibili ai Salmi (p. 62); i cambiamenti che avvengono in noi, quando siamo alla mercè di attese, frustrazioni e speranze, rimandano agli sconvolgimenti che trasformano radicalmente i personaggi di certe parabole (per esempio il padre misericordioso), per i quali c’è davvero un «prima» e un «dopo».

La miniera di rimandi e di suggestioni è, come sempre nei libri di Borgna, davvero sterminata, e non può che invitare a letture ulteriori dei testi citati; in più troviamo nel libro anche alcune pagine autobiografiche, dedicate al tempo di guerra e alla necessità di sfollare in provincia (il peso dei ricordi può regalare immagini di grande dolcezza, pur riferite a circostanze drammatiche), ma vorrei osservare che, parlando di tempo e percezione del tempo, la scrittura stessa dell’autore è impregnata di questa consapevolezza: gli aggettivi che sceglie, che accosta ai sostantivi, sono molto spesso dei participi, passati o presenti, (stremate, incandescenti, perdute) che portano con sé proprio l’azione del tempo, la continuità di una relazione fra le cose e le persone. La vita è davvero relazione, anche nello stile della scrittura.

E questa relazione tende alla speranza: quella che il filosofo Gabriel Marcel definisce «memoria del futuro», che unisce tutti i tempi delle nostre vite lasciandoci una prospettiva a cui tendere nell’ascolto reciproco.

E. Borgna, Il tempo e la vita, Milano, Feltrinelli, 2015, pp. 217, euro 18,00.