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Obama può (yes, he can)

Yes he can. Dopo 6 anni Obama può ancora. Questa volta non si tratta della promessa di una vittoria, ma di una speranza restituita nelle mani degli americani e del suo partito, nonostante la sconfitta delle elezioni di medio termine. Nel suo discorso a Washington sullo stato dell’Unione, il presidente Barack Obama ha annunciato in modo deciso la fine della recessione, e ha parlato di una crisi economica ormai alle spalle del paese. Ha parlato di temi cari al ceto medio, come la riforma delle tasse, l’istruzione, la lotta al terrorismo, o i rapporti con Cuba. “Spavaldo”, dicono alcuni commenti, perché di fronte a un Congresso a maggioranza repubblicana e dopo due vittorie, non ha più niente da perdere. Abbiamo commentato il discorso e i principali titoli sul tema con Massimo Rubboli, docente emerito di Storia dell’America del Nord all’Università di Genova.

Che cosa ha pensato del discorso di Obama?

«La prima impressione è negativa, la spavalderia con cui ha parlato sembra distaccata dalla realtà: non ha fatto nessuna autocritica, non ha fatto menzione del fatto che due mesi fa ha perso clamorosamente le elezioni di medio termine; ha parlato di fronte a un Congresso in mano agli avversari e tutte le proposte fatte per il futuro sembrano un po’ illusorie: certamente i Repubblicani non sono favorevoli a nessuna, come hanno detto subito alla fine del discorso. D’altra parte però, c’è chi dice che nel discorso sullo stato dell’Unione il presidente deve andare oltre e guardare al futuro, facendo un discorso più ampio».

Perché è così importante il discorso sullo stato dell’Unione?

«La costituzione degli Stati Uniti prevede che il presidente faccia un rapporto al Congresso, e per molti anni questo rapporto è stato scritto. Poi incominciò l’abitudine di presentarsi davanti al Congresso e con l’avvento della televisione questo divenne un evento mediatico importante, il principale evento politico per l’audience televisiva. Negli ultimi anni la partecipazione è diminuita però, dai 50 milioni di circa vent’anni fa ai 30 milioni di martedì sera. Alla partita finale di campionato di football americano hanno assistito più di 110 milioni di persone: si vede come l’evento, pur essendo importante, abbia uno scarto forte con, per esempio, un evento sportivo. Questo anche perché negli ultimi discorsi sullo stato dell’unione non sono mai emerse cose nuove: lo stesso Obama ha ripetuto proposte e idee che aveva già detto negli ultimi mesi e dunque la tensione degli osservatori minore». 

Quanto c’è di vero nelle parole di speranza di Obama?

«I dati economici indicano che l’America ha superato la recessione, c’è stato un aumento dell’occupazione, l’economia senz’altro sta andando meglio, ma dobbiamo ricordarci che è andata molto male negli ultimi anni, quindi era prevedibile un miglioramento. Su altri piani è difficile dare credito a Obama: per quanto riguarda il terrorismo internazionale è sotto gli occhi di tutti quanto è successo recentemente in Francia, dunque non è affatto indebolito nonostante gli sforzi americani. Obama ha di nuovo promesso una lotta senza quartiere all’estremismo, l’uso della forza contro l’Isis, ma il problema è tutt’altro che risolto. Lo stesso si può dire a proposito dell’invito a superare l’embargo nei confronti di Cuba, sebbene la decisione finale spetti al Congresso, Repubblicano, che è fortemente contrario».

Come ha condizionato parlare ad un Congresso a maggioranza Repubblicana?

«Obama da un lato ha le mani legate, dall’altra è libero. Una parte del suo discorso teneva presente un fatto importantissimo, che il prossimo anno ci sono di nuovo le elezioni: ha cercato di rilanciare la politica del Partito Democratico, e ha cercato di aiutare il candidato del prossimo anno. La schiacciante maggioranza attuale lascia prevedere una vittoria repubblicana alle prossime presidenziali, Obama ha dunque cercato di aprire una possibilità in più per il futuro».

Foto “Barack Obama during a prime time news conference 2009-04-29” by Pete Souza. The Official White House PhotostreamP042909CK-0215. Licensed under CC BY 2.0 via Wikimedia Commons.