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Non cercare guai

Non cercare guai, evitare problemi, scansare possibili «inconvenienti» anche a costo di tradire i propri valori: è un po’ la scelta della porta larga rispetto a quella stretta (Matteo 7: 13-14), quella che spesso, purtroppo, come singoli credenti e come chiese cristiane preferiamo fare.

Dispiace notare che, stavolta, a scegliere la «porta larga» della ragion di stato, della diplomazia ipocrita e miope sia stato Papa Francesco decidendo di non incontrare il Dalai Lama, a Roma per il summit dei Premi Nobel.

«Questa volta non incontrerò Papa Francesco, l’amministrazione del Vaticano dice che non è possibile perché potrebbero crearsi degli inconvenienti», ha spiegato all’Agenzia Ansa il Dalai Lama (la guida spirituale del buddhismo tibetano) facendo un evidente riferimento al dialogo tra la Santa Sede e il governo cinese. Il Corriere della Sera aggiunge che da Oltretevere spiegano che «non si vuole entrare nelle tensioni fra il leader tibetano e Pechino», proprio per non compromettere il dialogo tra Cina e Vaticano e per non vanificare il lungo intreccio di iniziative diplomatiche che cerca di preparare il terreno in vista di una possibile storica visita del Papa.

Il Dalai Lama, bontà sua, assicura comunque di apprezzare Francesco, ma è chiaro che nell’entourage tibetano la delusione è profonda. E lo è anche per chi scrive, perché in nome della “realpolitik” si nega un incontro a uno dei grandi testimoni di pace e fratellanza («Bisogna ribadire con forza la necessità di realizzare in nome della religione e di promuovere l’armonia tra le religioni», ha ribadito il Dalai Lama appena sbarcato a Roma) preferendo non disturbare i rapporti con un regime brutale e tirannico che da anni reprime le aspirazioni del popolo tibetano e, in generale, delle minoranze che chiedono libertà.

Fatto molto grave, anche pensando che il summit dei Premi Nobel è stato spostato a Roma perché il Sudafrica (dove era stato inizialmente previsto) ha negato il visto di ingresso proprio al Dalai Lama. Il motivo? Ovviamente non irritare Pechino.

Ora, che questa scelta la faccia il governo di uno Stato è cosa triste e deplorevole, ma non stupisce perché spesso, in nome di interessi economici, si cerca di non affrontare temi “scomodi” come quello dei diritti umani. Per esempio, il nostro presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nulla disse nell’incontro con il premier cinese sulla repressione brutale delle manifestazioni per la democrazia di Hong Kong.

Il fatto che a questa consuetudine si pieghi il leader di una chiesa cristiana è piuttosto deprimente.

L’arrivo di Papa Francesco al vertice della Chiesa cattolica romana e dello Stato del Vaticano ha acceso speranze per un concreto cambiamento di comportamenti e prospettive dell’azione vaticana. Personalmente molte delle cose fatte e dette da Bergoglio le trovo incoraggianti e anche uno stimolo per noi protestanti, mentre è ingiusto e poco dialogante pretendere che rinunci ai dogmi della dottrina cattolica o a certe posizioni che non condividiamo in termini di etica.

Stavolta, però, Francesco è proprio scivolato sulla realpolitik: forse la porta larga lo condurrà a Pechino, ma certo non rappresenta un bell’esempio.

Foto “The 14th Dalai Lama FEP” by Yancho SabevOwn work. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons.