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La Comfort care, accompagnamento medico ai bimbi che non hanno nessuna speranza di sopravvivenza

La Comfort care è un’attività medica che fa sì che un neonato, affetto da sindromi incompatibili con la vita, sia curato e amato in tutti gli istanti della sua vita, anche se brevi. È stata praticata per la prima volta nel 2006 in America dalla dottoressa Elvira Parravicini, neonatologa ed Assistant professor presso la Columbia University di New York, che ha fondato il primo Hospice neonatale, un reparto ospedaliero dedicato alla cura dei bambini che nascono già terminali, dove viene praticata appunto la comfort care. Tale attività medica è presente anche in alcune strutture ospedaliere italiane, tra cui l’ospedale evangelico Villa Betania di Ponticelli (Na) che ha attivato nel 2013, all’interno dei reparti di Ginecologia e di Terapia intensiva neonatale, un percorso di Perinatal Hospice, gestito da un team multidisciplinare, che accoglie ed accompagna le coppie ed i loro neonati nella consapevolezza che dove non è possibile curare per guarire, si può salvaguardare la qualità della vita, per breve che sia.

«Il percorso inizia presso l’ambulatorio di gravidanza a rischio, dove la donna pratica periodici controlli clinici e strumentali – racconta la dottoressa Annalisa Aganci, ginecologa dell’ospedale Villa Betania –. In epoca prenatale, inoltre, sono previsti incontri informativi e programmatici con i ginecologi, le ostetriche, i neonatologi, le infermiere pediatriche e le coordinatrici dei reparti che si concretizzano con la stesura del piano del parto personalizzato. Durante i colloqui forniamo informazioni circa la storia naturale della malattia in epoca pre e neonatale e quindi discutiamo insieme delle esigenze assistenziali che scaturiscono dalla patologia stessa. Grande attenzione è data alla programmazione di protocolli per il controllo del dolore neonatale e per soddisfare le esigenze basilari non solo del neonato – con l’alimentazione, l’idratazione, il riscaldamento, la marsupio-terapia, e il massaggio neonatale – ma anche della madre alla quale offriamo una logistica confortevole e la possibilità di essere assistita da parte di membri della famiglia». La dottoressa Agangi aggiunge che alle coppie è garantito il rooming-in, cioè la possibilità per la neo mamma di tenere il bimbo nella propria stanza 24 ore su 24, con un’assistenza continua ma discreta da parte del personale che condivide con la famiglia il percorso di Comfort care. «In un caso specifico la piccola Marta Maria è stata in camera con i suoi genitori e ha potuto vivere la fase di attaccamento attraverso il contatto pelle a pelle con la mamma. Inoltre le sono state prese le impronte del piedino e della manina, che sono state consegnate ai genitori in modo da conservarle per sempre».

Il percorso della Comfort care non è in antitesi all’aborto terapeutico, previsto dalla legge, ma esso si offre come alternativa per quelle coppie che vogliono accogliere il proprio figlio per tutto il tempo, anche poco, che gli sarà concesso. «Questi genitori – spiega la dottoressa Agangi – sanno che il bambino non ce la farà a vivere, ma sono legati al concetto di volerlo accompagnare anche se per poche ore, giorni, settimane. Certo, è un aspetto estremo dell’accompagnamento ma va rispettato e il nostro ospedale dà la possibilità ai genitori che decidono di portare avanti la gravidanza di un bambino affetto da sindromi incompatibili con la vita, di stare in un ambiente più protetto dove affrontare le paure e le tante domande che possono sorgere».

Durante il percorso la coppia è sostenuta dal punto di vista psicologico da uno specialista e anche da altre coppie che hanno già vissuto questa esperienza. Attraverso un counseling psicologico organizzato in 4 incontri si cerca di aiutare la mamma in primis, e poi entrambi i genitori, ad elaborare e a scegliere la soluzione più adatta alla dinamica dell’accaduto. «Il counseling non dà la soluzione – sottolinea il dott. Antonio Maria Salzano, psicologo dell’ospedale Villa Betania –, ma aiuta le persone a compiere una scelta in maniera consapevole e responsabile. Nessuno è obbligato ad intraprendere il percorso, ma a me piace evidenziare che a Villa Betania i genitori hanno una risorsa in più: se il personale medico e infermieristico fa un buon invio, lo psicologo è visto come un aiuto e non come elemento invasivo e di disturbo». Alla domanda su cosa offra l’esperienza della Comfort care dal punto di vista professionale, il dottore Salzano ha risposto: «È un’esperienza di crescita e di arricchimento, perché sei messo in contatto con le due dimensioni fondamentali della vita e della morte, che l’Occidente cerca di dividere. Esse invece sono integrate, e se si lavora nell’ottica dell’accettazione di ambedue dimensioni, allora si riesce a vivere meglio. L’aiuto grosso che possiamo offrire ai genitori, che poggia sulla fiducia che essi hanno nella struttura, nel personale, negli operatori, è di aiutarli a lavorare sulla dimensione della accettazione. Eventi così dolorosi non si possono vivere solo con la parte cognitiva della nostra essenza, perché laddove lavora la testa si creano rabbia e colpa, laddove invece lavora il cuore ci sono comprensione e perdono. L’unica via di uscita è aprire il cuore e accettare anche la morte di un figlio: è un evento estremo, contro natura, che se affrontato solo con la testa può generare la pazzia. Occorre invece lavorare con un’altra metodologia, che è quella affettiva, in modo da dare pace a noi e a chi non c’è più».

Il lavoro interdisciplinare del team si completa con l’assistenza spirituale, personalizzata in base al proprio credo religioso. A Villa Betania è presente una cappellania evangelica che si è resa disponibile ad essere accanto ai genitori. «Il mio compito – afferma il pastore Vincenzo Polverino, cappellano di Villa Betania – sarà quello di offrire ai genitori, qualora fosse richiesto, un accompagnamento amicale discreto, aperto, rispettoso che testimoni in maniera empatica che nella parola di Dio, attraverso il messaggio della morte e della resurrezione di Cristo, possiamo trovare la forza per superare tanto dolore e per continuare a credere e a sperare».