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Suprematismo bianco

Quello del 29 luglio 2019 è stato l’ennesimo caso: una sparatoria di massa durante un appuntamento gastronomico che ogni anno richiama decine di migliaia di persone nella zona sud di San Francisco. Santino William Legan, 19 anni, di origini italo-iraniane, ha sparato sulla folla: hanno perso la vita tre persone e altre 15 sono rimaste ferite.

Poco prima di sparare sulla folla, sull’account Instagram del killer, i controlli della polizia hanno trovato contenuti da suprematismo bianco e l’invito a leggere testi chiave della corrente.

Cosa ci sta succedendo? Cosa stiamo diventando? In quale momento abbiamo smesso di ascoltare e riconoscere il Paese?

Con queste domande Ezio Mauro decide di soffermarsi sugli sviluppi della cronaca nazionale degli ultimi mesi cercando di trovare le risposte migliori a un fenomeno preoccupante: la crescita di un risentimento nazionale.

“L’uomo bianco” di Ezio Mauro, uscito per Feltrinelli, racconta come Luca Traini, agli inizi del febbraio del 2018, esce di casa e spara contro uomini sconosciuti colpevoli solamente di essere neri. Il giornalista, alternando cronologicamente i fatti di cronaca e le sue considerazioni sull’attualità italiana e internazionale, racconta il pensiero di un uomo comune come Traini, mosso dall’intento di vendicare l’omicidio di Pamela Mastropietro realizzato per mano di un cittadino nigeriano.

In questo viaggio a ritroso di un evento che ha sconvolto l’opinione pubblica nazionale, Mauro riesce a delineare con chiarezza e semplicità l’avvenire della democrazia italiana ed europea.

La storia del “Lupo” come si è sempre fatto chiamare Traini per la sua indole alla solitudine e alla violenza è la storia dei singoli che credono nella giustizia fai da te, nella visione del “solo contro tutti” e nel bisogno di sfogare la sensazione di abbandono da parte dello Stato tutto.

Proprio partendo da questo stato di abbandono sempre più sentito che, con L’uomo bianco, Mauro racconta e analizza la rabbia di Traini e degli uomini che negli ultimi anni sono usciti di casa sparando sulla folla negli Stati Uniti, in Nuova Zelanda e ancora altri luoghi.

Storie di singoli che non sono più singoli ma fanno parte di un’idea, di un pensiero che si è radicato nel silenzio ed è venuto fuori con le ultime elezioni americane ed europee.

Ed è proprio la paura il sentimento che è stato posto al centro degli sviluppi della cronaca quotidiana e delle conseguenze che cadono sulle relazioni internazionali e dentro ai confini nazionali. L’accusa dell’altro, del diverso come risposta alle frustrazioni e alle carenze di una politica che riutilizza la paura e l’abbandono di questi protagonisti indifesi per guadagnare consensi e voti.