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«Sentenza Lucano» tra legge e etica

La Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) nel dicembre 2018 con Proactiva Open Arms, Sea Watch, Pilotes Volontaires firmarono un accordo di partenariato per il sostegno economico e logistico a Sea Watch e Pilotes Volontaires con Giorgia Linardi e un piano di collaborazione per Riace insieme a Mimmo Lucano (accordo quest’ultimo, mai decollato). Nel 2018, Lucano era al centro di un’inchiesta della procura di Locri che ipotizzava l’esistenza di un sistema illegale dentro quello che era stato ribattezzato il «paese dell’accoglienza».

L’ex sindaco di Riace è stato condannato ieri in primo grado a 13 anni e due mesi (tanti, se pensiamo ad altre sentenze, come a esempio quella comminata a Luca Traini dove la Cassazione ha confermato la condanna a 12 anni di reclusione per aver sparato a sei migranti, ferendoli il 3 febbraio 2018 a Macerata, con l’aggravante dell’odio raziale).

A Lucano è stato confermato (mancano due gradi di giudizio) il doppio della pena, rispetto a quella richiesta dell’accusa (dal procuratore capo di Locri, Luigi D’Alessio e dal pubblico ministero Michele Permunian, che avevano chiesto 7 anni e 11 mesi di carcere). L’accusa è quella di aver orientato (quand’era sindaco) l’esercizio della funzione pubblica per l’accoglienza dei rifugiati nell’ambito dei progetti Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), Cas (Centri di accoglienza straordinaria) e Msna (Minori stranieri non accompagnati) e per l’affidamento dei servizi da espletare nell’ambito del Comune di Riace; di aver favorito cooperative a lui vicine e di aver organizzato matrimoni di convenienza tra migranti e persone (residenti) del luogo, per far ottenere permessi di soggiorno.

Riace è un paese di circa 2.000 abitanti che si trova a 125 chilometri da Reggio Calabria. Vent’anni fa rischiava lo spopolamento totale e di essere abbandonato dai pochi residenti presenti.

Come ricorda Il Post, l’idea di Lucano, prima come attivista poi come sindaco, fu quella di accogliere un determinato numero di migranti e di integrarli nella comunità locale. A Riace i primi stranieri arrivarono nel 1998 quando una nave proveniente dalla Turchia e con 66 uomini, 46 donne e 72 bambini curdi si avvicinò alle coste calabresi. Fu allora che a Lucano venne dato il soprannome «Mimmo o curdu».

Nel libro di Tiziana Barillà, «Mimì Capatosta, Mimmo Lucano e il modello Riace», (Fandango) l’ex sindaco afferma: «Mentre vedevamo Riace Marina affollata durante la stagione estiva, Riace Superiore, la parte alta del comune, era addormentata, svuotata dei suoi abitanti partiti a lavorare al nord. E se questi profughi ci aiutassero a svegliarla? Se grazie a loro le vie potessero tornare alla vita? Se si potesse ancora sentire la gente parlare e i ragazzi ridere?». Fu così che Lucano iniziò la sua opera di riqualificazione di Riace. 

Oggi la rete, il web, i giornali e i telegiornali citano e discutono la sentenza. La questione Lucano si presta dunque anche a rivendicazioni politiche, sociali e culturali. 

«Se ti batti per una società migliore ti condannano a 13 anni, se salvi migliaia di persone in mare, ti bloccano la nave – twitta oggi Oscar Camps, il fondatore di Open Arms –. Bisogna rimettere al centro i diritti e la vita e tornare a costruire società fondate sul diritto. A fianco di #MimmoLucano. È stata commessa un’ingiustizia».

Oltre alla solidarietà, ricorda Il Fatto Quotidiano, il dispositivo certifica che «Lucano non ha favorito l’immigrazione clandestina. L’accusa di aver organizzato matrimoni di comodo tra cittadini riacesi e donne straniere al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste ultime nel territorio italiano è stata ritirata dai Pm. La condanna è arrivata per i reati contro la pubblica amministrazione, la pubblica fede e il patrimonio. Ovvero associazione per delinquere finalizzata a “commettere un numero indeterminato di delitti”, falso in atto pubblico e in certificato, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, abuso d’ufficio e peculato», in relazione al «modello Riace» per l’accoglienza ai migranti e che aveva reso quel borgo, famoso in tutto il mondo.

La questione, dunque, è aperta e delicata. Proprio come lo era già in passato.

Dopo la condanna di primo grado le posizioni – com’era prevedibile – si inaspriscono. Chi allora appoggiava il sindaco di Riace, oggi lo difende con maggior forza dopo la sentenza considerata eccessiva. Dall’altra, chi contestava e osteggiava le azioni messe in campo a Riace, oggi e con rinnovato vigore ritiene che questa sentenza sia la riprova dei dubbi espressi nel 2018 e una questione politica, alla vigilia delle elezioni (2021) e che vedono Domenico (Mimmo) Lucano nella lista dei candidati alle regionali in Calabria.

Nel 2018 la Federazione delle chiese evangeliche in Italia affermava: «Come evangelici italiani, che da anni si impegnano in azioni di accoglienza e integrazione, sentiamo che Riace “appartiene anche noi”», ribadendo «la disponibilità a sostenere l’esperimento Riace e altri simili» che si stavano sviluppando in Calabria. 

Nessuno, ad esempio, racconta l’esperienza di Camini, località a pochi chilometri da Riace e dove da anni si attuano con successo iniziative di intergrazione e di accoglienza, soprattuto a beneficio di donne particolarmente vulnerabili. Ed è con questa esperienza che il programma Mediterranean Hope della Fcei si trova attualmente impegnato e partecipe. Modelli di buone pratiche solidali e multiculturali.

Però ci chiediamo, oltre al dibattito politico e sociale (le sentenze ovviamente vanno rispettate, anche se possono essere elemento di discussione e valutazione): oggi Riace come sta?