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Montagna, un equilibrio delicato

Dopo i lunghi mesi del Covid e delle chiusure in casa, il segnale è stato chiaro. Un po’ ovunque le vallate si sono riempite di ospiti alla ricerca di spazi all’aperto, di passeggiate, di cibo tradizionale. E, ovviamente, a rafforzare questo trend, si è aggiunto il caldo veramente opprimente di questa estate, specie in città.

Dunque è partita la ricerca di sistemazioni in montagna.

Sotto la pressione dei tanti visitatori la cui cultura è spesso assai diversa da quella dei montanari e che sovente hanno difficoltà a cogliere sfumature o situazioni consolidate, sono sorti non pochi problemi nei rapporti interpersonali e nelle aspettative degli ospiti.

Citiamo semplicemente due situazioni, venute clamorosamente a galla nel mese di agosto.

«In una settimana abbiamo assistito a più fughe di clienti che dopo aver prenotato per più notti se ne sono andati dopo la prima notte perché si sono accorti che le nostre camere non hanno i servizi privati – ha scritto in un post il gestore del rifugio Jervis al Pra in alta val Pellice, che ha aggiunto –: ci dispiace molto per chi non ha trovato la tipologia di camera o servizio che desiderava ma fortunatamente la nostra struttura continua a essere un rifugio del Club Alpino Italiano e mi auguro che tale rimanga e quindi devo purtroppo ammettere che non siamo un albergo, non siamo un ristorante e non siamo nemmeno un bar… siamo semplicemente la casa di chi ama e frequenta la montagna al quale cerchiamo di dare un’accoglienza calorosa e decente».

E certo; si parte dalla città e ci si aspetta di trovare servizi da albergo in un rifugio alpino. E magari strade asfaltate fino a 2000 metri e larghe 6 metri. No, qui non va così; anzitutto non è nella tradizione, e non ci sono neppure le risorse economiche per fornire tali servizi. 

Servirebbe più dialogo, informazione, conoscenza della montagna…

E servirebbe ancor di più per dirimere un altro dualismo che è sempre più forte: quello fra escursionisti e pastori. Questi ultimi hanno tutti i diritti di difendere le proprie greggi dalla presenza del lupo. Ma i cani utilizzati per la guardiania non devono essere lasciati da soli sui pascoli, senza controllo.

I casi di famiglie o singoli che hanno vissuto brutte avventure circondati da cani di proprietà di un pastore si sono moltiplicati su tutto l’arco alpino: bisognerà ricordare che la montagna non è proprietà di nessuno e che devono convivere più attività, compresi i turisti che vorremmo clienti dei nostri alpeggi.

Come sempre, non bisogna mettere nello stesso calderone tutte le situazioni; provare a ragionare considerando tutti gli aspetti dei problemi, però, sarebbe necessario.