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Islam e imam: «Sotto l’ombrello della Costituzione»

Il Consiglio per le relazioni con l’Islam riunitosi lo scorso 11 luglio al Viminale, guidato dal professor Paolo Naso, dove tra gli altri siedono i sociologi Stefano Allievi ed Enzo Pace; gli islamologi Sharzad Housmand, Massimo Campanini e Ida Zilio Grandi e il giurista Alessandro Ferrari, ha proposto al ministro dell’Interno, Angelino Alfano, un documento per il riconoscimento dei ministri di culto musulmani (imam).

«È stato un passaggio importante – ha commentato Paolo Naso, coordinatore del Consiglio per le relazioni con l’Islam, docente di Scienza politica alla Sapienza Università di Roma e coordinatore della Commissione Studi Dialogo Integrazione e del programma Mediterranean Hope (Mh) della Federazione delle chiese evangeliche in italia (Fcei), che ha redatto il primo rapporto – perché avvia un percorso di riconoscimento pubblico e istituzionale di una comunità di grande rilevanza numerica sociale, alleata naturale e necessaria di ogni strategia di contrasto al fondamentalismo e al radicalismo islamico. Nei limiti delle norme vigenti sulla materia della libertà religiosa che tante volte abbiamo denunciato – prosegue Naso – l’azione che il ministro ha annunciato si presenta come un passo coraggioso e in positiva controtendenza rispetto alle paure e ai pregiudizi islamofobici che si stanno diffondendo in Europa».

Il documento, primo di una serie, affronta il tema degli imam e delle guide spirituali, delineando una serie di misure concrete e realizzabili in tempi rapidi: in particolare, si prospetta la «nomina» di imam come «ministri di culto» ai sensi della legge sui «culti ammessi», così come avviene per molte altre confessioni religiose; l’organizzazione di percorsi di formazione «interreligiosi» tesi a formare «guide spirituali» competenti in materia di ordine giuridico e sociale, connesse con le politiche di integrazione promosse dal Governo; l’avvio di tavoli interreligiosi presso le Prefetture; la valorizzazione delle norme che consentono ai ministri di culto e quindi anche agli imam, di accedere a luoghi protetti come carceri, ospedali o centri di accoglienza; la preparazione di un Kit in varie lingue sul tema della libertà religiosa in Italia, da mettere a disposizione delle comunità religiose – anche islamiche – distribuite in Italia.

«Questo processo ha coinvolto, oltre agli esperti che compongono il Consiglio – ha concluso Naso –, i rappresentanti delle varie associazioni islamiche, nel quadro di un dialogo aperto e costante che speriamo possa portare a risultati importanti sul piano dei diritti in materia di libertà religiosa. La presenza allo stesso tavolo di diverse organizzazioni tra le quali l’Unione delle comunità islamiche in Italia (Ucoii), il Centro islamico culturale d’Italia (Grande Moschea di Roma), la Confederazione islamica italiana (Cii), e la Comunità religiosa islamica (Coreis), fa sperare in un processo che costituisce in sé un risultato importante e in ulteriori sviluppi sul piano del riconoscimento dell’Islam italiano».

Il ministro Alfano ha invece rilevato: «Si tratta di un passo molto importante per garantire la pace e la sicurezza nel nostro Paese» in un momento in cui in Europa «spira un vento razzista e islamofobo che non ci piace. Tutti dobbiamo favorire il dialogo e riconoscerci sotto l’ombrello della Costituzione. In Italia ci sono un milione e seicentomila musulmani, è una risposta stupida considerarli fiancheggiatori dei terroristi».